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Nel Popolo della Libertà cresce il partito dei partenti

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Maanche la possibilità che il premier Monti si candidi con la lista che stanno preparando da tempo, anche se con esiti diversi, Casini, Montezemolo e Riccardi. Due fattori che spaccano il Pdl. Da un lato i «montiani», quelli che avrebbero preferito che Berlusconi rimanesse defilato, magari ad occuparsi, come ha annunciato più volte, di costruire un grande partito ispirato al Ppe. Uno scenario ormai sfumato. Il Cavaliere vuole ricandidarsi. Avrà una lista formata da molti giovani, facce della società civile, dello sport, come ha detto lui stesso pochi giorni fa a Milanello. Addio rinnovamento, dunque. Addio al ticket Alfano-Meloni. Negli ultimi giorni la tensione è arrivata alle stelle. Rispetto al voto sulla fiducia al Senato, a Montecitorio sono raddoppiati i parlamentari «dissidenti». Quelli che non hanno accettato la linea del Pdl, cioè l'addio al governo Monti. Sono stati dieci i deputati pidiellini che hanno votato sì al decreto sul taglio dei costi della politica, nonostante l'indicazione del gruppo per l'astensione. In prima linea Frattini, che da tempo sta lavorando per fare in modo che il Pdl converga sulla necessità di un Monti bis. Ma sono stati soprattutto i ripetuti attacchi all'Ue a non andare giù a Frattini che ne avrebbe parlato con Alfano e il Cavaliere. Non è un caso che, sempre a Milanello, Berlusconi abbia minimizzato il dissenso dell'ex ministro degli Esteri, ribandendo lo stretto legame tra loro. Anche un berlusconiano della prima ora come Valducci ha deciso di sterzare. Al Senato c'è Beppe Pisanu. Anche lui non ci sta. «Negli ultimi due anni ho visto il Pdl rifluire costantemente a destra e, allo stesso tempo, perdere gran parte dei suoi elettori moderati - spiega intervistato dal Messaggero - Per invertire questa tendenza non c'era e ancora oggi non c'è altro da fare che ricollegarsi alle forze di centro e aprire il dialogo con quella sinistra che vuole davvero superare la crisi e riprendere lo sviluppo». Perciò, rimarca, «se il dovere della coerenza mi porterà lontano dal Pdl, me ne farò una buona ragione. C'è il tempo, da qui alle elezioni per dar vita a un nuovo movimento liberal democratico, laico e cattolico, che unisca pezzi importanti della politica e della società, per metterlo a disposizione dei moderati italiani». I compagni di viaggio sarebbero Fini, Casini e Montezemolo. Quest'ultimo resta alla finestra e avrebbe rallentato in attesa di capire se Monti si candiderà o no. In quest'ultimo caso sarebbe difficile presentare la lista civica di ItaliaFutura, a cui i sondaggi danno il 2%. Poi ci sono gli ex An. Innanzitutto gli «alemanniani» Barbara Saltamartini, Alfredo Mantovano e Francesco Biava, che rifiutano l'etichetta di «filo-montiani» ma non condividono il ritorno in campo di Berlusconi. Il sindaco di Roma l'ha detto più volte: una candidatura del Cavaliere a Palazzo Chigi (la sesta) sarebbe «irragionevole». Il malumore degli «alemanniani» è legato anche al fallimento delle primarie. Non a caso nessun fedelissimo del sindaco di Roma ha partecipato ai vertici di questi giorni a Palazzo Grazioli dove Berlusconi ha deciso di ricandidarsi e di levare la fiducia a Monti. Tra i più critici, Giorgia Meloni, che non ha proprio digerito il congelamento delle pre-consultazioni: «Primarie annullate, Berlusconi candidato, crisi di governo: oltre che sui giornali nel Pdl chi ha qualcosa da dire dove può farlo?», ha scritto su Twitter. Tra i perplessi ci sono anche, sempre ex An, Landolfi e Malgieri. Tra i più convinti montiani, invece, Cazzola.

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