Damiana Verucci «Voglio candidarmi a presidente della Regione Lazio».
Mentreil Pdl, a otto settimane dalle elezioni, non ha scelto ancora un candidato ufficiale da contrapporre a Nicola Zingaretti, Storace rompe gli indugi, forte forse anche del probabile consenso di Silvio Berlusconi e del suo ritorno in campo, e apre la sua campagna elettorale con una mossa che ricorda quella di Emma Bonino quando per le Regionali del 2010 fu la prima a proporsi e poi venne appoggiata dal Pd contro Renata Polverini. Sicuro di sé, quasi sfrontato, Storace sale sul palco del teatro Olimpico, nella prima convention del suo partito e viene «incoronato» candidato presidente della Regione Lazio. La sala da 1.600 posti è piena, all'ingresso si distribuiscono magliette gialle, cartoncini con scritto «Vincere si deve» e palloncini con il nome del leader de La Destra. Stile presidenziali americane. Storace arriva puntualissimo, stringe mani, distribuisce sorrisi e pacche sulle spalle e raggiunge i suoi amici di partito: Teodoro Buontempo e Roberto Buonasorte. Disposto ad andare anche da solo se il Pdl non lo candiderà? «Per ora voglio concentrarmi sul lavoro di diventare leader della coalizione di centrodestra alle regionali, poi si vedrà», è la sua risposta mentre si avvia a salire sul palco, non prima di aver abbracciato Donna Assunta Almirante che siede in prima fila e di regalarle una battuta: «Sei contenta? Ti ho portato al cinema oggi». È il giorno dopo l'annuncio delle dimissioni di Mario Monti e il partito è in fibrillazione. «Non poteva esserci regalo più grande per questo convegno», esordisce l'ex assessore regionale alla Casa Buontempo. E giù applausi e fischi rivolti al governo Monti colpevole di «aver applicato troppe tasse e di non aver fatto ripartire il Paese». Ce n'è un po' per tutti in realtà, per il leader dell'Udc Pierferdinando Casini, per Montezemolo, naturalmente per Nicola Zingaretti «che impersonifica la sinistra peggiore d'Europa», per la Merkel (quest'Europa è suddita del cancelliere tedesco). Perfino il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano viene velatamente criticato per aver dato appoggio a Monti anche se al primo fischio che arriva dalla sala Buontempo ricorda che «il capo dello Stato non deve essere offeso». Poi il coordinatore nazionale del partito elenca ciò che è stato fatto in questi tre anni dalla giunta Polverini, ad esempio il mutuo sociale o la banca del tessuto ovarico delle donne o ancora la mozione per la cura e la diagnosi dell'endometriosi. Ma anche quello che era stato proposto ma non è passato, «perché eravamo soltanto in due: il dimezzamento dei costi della politica e le nostre indennità da trasferire in titoli di Stato». Quando il microfono passa nelle mani di Storace è evidente la voglia di riscatto. Troppi anni passati in disparte, dopo la vittoria alle regionali del 2000, «per colpa di uno scandalo (il Laziogate ndr) totalmente inventato, che ha portato comunque alle mie dimissioni e all'impossibilità di terminare quanto avevo iniziato». Quando lo dice, Storace si commuove. Anni, però, «passati a lavorare e a fare politica tra la gente». E ora, il leader de La Destra annuncia che nei palazzi che contano, Camera e Senato, il partito ci tornerà. Prima un «doveroso» plauso all'operato di Renata Polverini «alla quale va tutta la mia stima per la sua onestà politica». Tutto il discorso di Storace è teso a voler distinguere il suo partito e gli uomini che ne fanno parte «dai politici che usano la poltrona per fare i loro affari», «dai grillini che vorrei vederli, poi, a governare seriamente una regione come il Lazio», da Nicola Zingaretti «che non sa cosa vuol dire lavorare e che scambia la Regione per un set cinematografico». Lui, se dovesse essere eletto, «toglierebbe a tutti le auto blu e ne darebbe in uso una soltanto per trasportare i cittadini che vogliono andare a parlare con il presidente della Regione». Una proposta politica condita da una battuta che ottiene l'ennesimo fragoroso applauso di tutta la platea. Come quella in cui sottolinea che la cena elettorale del partito si farà venerdì prossimo, ma in pizzeria. Rispolvera il suo vecchio programma elettorale quando annuncia cosa farà se eletto presidente della Regione, con il suo cavallo di battaglia che è sempre stato e resta quello della sanità. Usa parole dure contro il commissario Bondi: «Gli ospedali si costruiscono, non si distruggono. E un commissario di Governo nella sanità non dovrà più esserci». E giù l'elenco dei nosocomi del Lazio aperti durante il suo mandato, il Sant'Andrea, l'Ifo-Regina Elena, il campus biomedico. Poi quello che potrebbe essere un punto del programma sicuramente di grosso impatto sociale: «Mi piacerebbe una donna disabile all'assessorato alla sanità». Storace ripropone poi la carta senior, sottolinea la forza della famiglia da aiutare sostenendo soprattutto i giovani. L'agricoltura, poi, è il settore su cui la Regione Lazio dovrebbe puntare «per far ripartire l'economia regionale». Inno di Mameli e tutti a casa, pronti a tornare alla realtà del freddo pungente della mattina.