Quando Silvio diceva: «Mario deve restare fino alla fine»
«Ilsostegno a Monti è ormai ineludibile» diceva agli alleati, Lega in primis, visto che la situazione economica rischiava di precipitare. «Decidetevi in fretta», arringava Silvio i suoi, lo stesso giorno nel quale il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nominava Monti senatore a vita. E il suo telegramma fu pieno di calore: «Formulo le congratulazioni mie e del Governo italiano per la sua nomina a senatore a vita, a testimonianza degli altissimi meriti acquisiti nel campo scientifico e sociale e auguro un proficuo lavoro nell'interesse del Paese». Due giorni dopo Silvio lo invitò ufficialmente a pranzo a Palazzo Grazioli. Qualche giorno dopo in un videomessaggio ricordò a Monti però di avere una maggioranza con la quale «il premier incaricato non potrà che fare i conti». Il 16 novembre Monti entrò a Palazzo Chigi, ritirò la campanella del Consiglio dei Ministri da Silvio che gli rivolse un «in bocca al lupo». Poi all'ufficio di presidenza del Pdl spiegò che «si trattava di un governo di alto profilo tecnico, con Monti siamo in buone mani e ci sarà una leale collaborazione». Concetto ribadito il giorno dopo alla Camera: «Sosteniamo lealmente il governo. Non consegnamo Monti alla sinistra». Passò solo un altro giorno e Silvio puntalizzò all'uscita dalla Camera: «Il governo Monti opererà in maniera tale da essere utile al Paese per tutto il tempo che rimane». L'ex premier smentì anche di aver detto che sarebbe stato il Pdl a decidere quando staccare la spina: «Invenzioni». Quanto alla durata Berlusconi sottolineò che il governo «deve arrivare al 2013». Il 15 dicembre passato il decreto Salva Italia Silvio spiegò che «votando per il decreto abbiamo scelto il male minore in una situazione d'emergenza perché se votassimo contro creeremmo al Paese un danno superiore alle misure contenute nel provvedimento». Fiducia confermata qualche giorno dopo, il 19 dicembre: «Non ho mai parlato di staccare la spina» disse a Milano in una pausa del processo Mills rispondendo alla domanda se fosse vero che alla fine di gennaio avesse intenzione di «staccare la spina» al governo Monti. «Non credo ci sia nessuno che possa fare una previsione sulla sua durata» aggiunse Berlusconi. Apertura e consapevolezza che nessuno avesse la bacchetta magica per salvare l'Italia arrivarono il 26 gennaio. «La situazione è difficile e il governo sta operando con grande prudenza ed è difficile avanzare critiche fondate» disse Silvio Berlusconi a chi gli chiedeva un commento sull'operato del Governo. Una dichiarazione subito appesantita dal fatto che non si aspettava di più dal governo Monti. Il primo febbraio nuovo atto di fede: «Con senso di responsabilità sosteniamo questo governo e sarebbe da irresponsabili farlo cadere. Ancora a febbraio il cinque disse ancora che il governo guidato da Monti dovevave durare fino alla fine della legislatura. Stesso concetto espresso il 16 febbraio alla telefonata di Belpietro. «Conosco bene la sua serietà e competenza, e gli sono al fianco con lealtà» disse ancora il 18 febbraio. Un lungo silenzio temporale fa da spartiacque con il cambio di passo di Berlusconi nei confronti di Monti. L'8 giugno scorso l'ex premier durante l'ufficio di presidenza del Pdl spiegò che «secondo Euromedia il calo del Pdl dal 27% (l'inizio del sostegno a Monti) al 20% è dato da due fattori: il 74% degli elettori non condivide l'appoggio a Monti mentre il restante è perché ha visto Berlusconi nelle retrovie. Il primo scricchiolìo prima della frana attuale.