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La crisi politica allarma i mercati Ecco perché l'Italia rischia grosso

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Coraggio, facciamoci ammazzare. Con Alfano che stacca la spina al governo Monti, il mercato ci vede già agonizzanti. Lo spread ha continuato anche ieri a viaggiare attorno ai 330 punti base e Piazza Affari ha perso un altro 0,86% indossando di nuovo la maglia nera d'Europa con le banche che pagano il prezzo più alto. Ecco il conto dell'incertezza politica e delle bizze di Berlusconi che vuol tornare in campo per salvare il Paese dalla morsa di Monti. Lo smemorato Silvio che dimentica le attuali condizioni dell'Italia siano il frutto di una stretta fiscale impressionante, pari a circa sei punti di Pil in un biennio, decisa per rispondere ad un impegno preso con la Ue e la Bce proprio durante il governo Berlusconi-Tremonti: il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013. Come ben ricorda l'economista Mario Seminerio, l'Italia è l'unico Paese ad aver sottoscritto un simile impegno, ed è rimasta l'unico Paese a non aver chiesto dilazioni nel percorso verso il pareggio di bilancio. Le reazioni Le reazioni del mercato sono chiare. «L'Italia non ha idea di che cosa rischia con una crisi di governo» dice un dealer a Londra. «Sembra che da tutto quello che è successo da novembre a oggi i politici non abbiano imparato nulla». Per il britannico Financial Times «la dimostrazione di potere da parte di Berlusconi fa salire la tensione su Monti», mentre per il Wall Street Journal «il boicottaggio del partito di Berlusconi fa sobbalzare il governo italiano». Ed entrambi i quotidiano sottolineano che l'azione dei deputati del Pdl ha «innervosito i mercati» facendo impennare lo spread. Sempre dalle pagine dell'Ft, Bill Emmott in un editoriale invita gli investitori ad «imparare a vivere senza Monti». Sarà una grande «responsabilità» sostituire un uomo riconosciuto come un «salvatore» dalla comunità internazionale, scrive Emmott, e molto probabilmente a «prenderne il posto non sarà Berlusconi, anche se ha annunciato un ennesimo ritorno, ma l'ex comunista Pier Luigi Bersani». Le alternative «Bunga-Bunga e spread a 600 in tre mesi, ecco cosa vi aspetta», ci dicono senza ridere nella City. Dove però convincono poco anche le alternative a Silvio: lo stesso Emmont sottolinea che il record di Bersani come ministro dello sviluppo economico nel governo Prodi del 2006-2008 è «moderatamente promettente». Ma le riforme liberali da fare oggi devono essere «molto più ampie» e per raggiungere l'obiettivo Bersani «dovrà uccidere molte mucche sacre della sinistra». La malattia cronica dell'Italia, sottolinea l'autore, «è stata alimentata dalla distruzione della meritocrazia nelle università e nel settore pubblico da parte della sinistra, dal suo rifiuto di contemplare il modello scandinavo per riformare il mercato del lavoro» ed essere sempre «sospettosa del capitalismo», sospetto incarnato recentemente dalla «demonizzazione di Sergio Marchionne». Se con Bersani si minaccia il ritorno di una pesante patrimoniale contro la finanza «brutta e cattiva», andrebbe peggio con Grillo che vuole uscire dall'Eurozona (come, del resto, Berlusconi) e combattere la crisi con lo scudo dei pannelli solari. Di certo nelle condizioni in cui ci troviamo, l'ultima cosa di cui avevamo bisogno era un altro aggravio del costo del capitale delle imprese, inevitabile conseguenze del decollo dello spread. Gli analisti Tecnicamente il giudizio di analisti e banche d'affari sull'Italia si potrebbe riassumere così: vendere («sell») su Berlusconi. «Lo spread ha iniziato a salire sul disimpiego di una parte della maggioranza, è il solito gioco al massacro. È quasi una fortuna che la crisi politica sia ora e non a fine mese, ha fatto notare Angelo Drusiani gestore obbligazionario di Banca Albertini Syz. Aggiungendo che le aste di titoli di Stato di metà dicembre potrebbero essere ridotte. Una situazione di massima allerta: le minacce del partito di Silvio Berlusconi, scrivono gli analisti di Ing in una nota, «possono causare sufficiente nervosismo e scatenare un ampliamento degli spread» delle nazioni periferiche dell'area euro. L'invito agli investitori è quello di stare alla larga «per un po' di tempo» dai titoli di stato italiani puntando su altri bond governativi. La banca, spiega lo strategist Padhraic Garvey, è rimasta long sui titoli di Stato italiani ma «la positiva performance dell'Italia non può più tollerare troppe interferenze da Berlusconi». E il timore è anche che «l'instabilità sul mercato obbligazionario governativo italiano si possa ripercuotere su tutta la periferia dell'area euro, compresa la Francia, portando al contempo la Bce ad agire sui tassi di interesse». Per gli esperti della francese Bnp Paribas, il «rischio di dimissioni di Monti come pure di elezioni anticipate può determinare una significativa pressione in vendita sui bond italiani». Idem per Rabobank, che suggerisce «cautela» sui bond dell'Italia e della Spagna, la situazione italiana introduce «uno sfondo di incertezza sui titoli governativi italiani». Nel caso in cui la minaccia del Pdl non si materializzasse gli analisti prevedono invece una ripresa dei nostri titoli di Stato. Intanto molti economisti credono che l'Italia sia una candidata alla richiesta di aiuti europei dopo la Spagna. Citi prevede un'attivazione del programma di acquisto bond della Bce sul mercato secondario (Omt) per Madrid e Roma, una volta che i due Paesi avranno soddisfatto «le condizioni necessarie» rivolgendosi all'Esm, il fondo salva Stati. Giovedì scorso da Francoforte il presidente della Bce, Mario Draghi, dopo aver annunciato tassi stabili per l'area euro, non ha voluto commentare le tensioni sullo spread, si è limitato a ricordare che «spetta ai governi decidere cosa fare». Gli investitori erano convinti che in Italia, dopo il governo di Mario Monti e con o senza il suo coinvolgimento diretto si sarebbero continuate le sue politiche, ha spiegato il capo economista Ocse Pier Carlo Padoan in una intervista al Corriere della Sera. Convinto che la preoccupazione dei mercati «non riguarda tanto il fatto che non sia Monti a proseguire il suo impegno ma piuttosto che si torni a un vecchio modo di gestire la politica in Italia». Di qui l'appello, accorato, al senso di responsabilità degli onorevoli del Pdl perché capiscano come in gioco non ci sia solo la loro sopravvivenza politica ma quella di un intero Paese. L'allarme è serio, lo dimostrano gli ultimi report delle banche d'affari internazionali che accendono i riflettori, preoccupati, su Roma e sulla crisi di governo. Perché l'Italia non è come la Grecia, rappresenta il 19% dell'Eurozona e il prezzo della nostra instabilità lo pagherebbero tutti. Anche i francesi, i tedeschi e gli inglesi.

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