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Nessun tracollo o nuovo fiammate dello spread.

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Laparola d'ordine che è passata nelle sale di trading è stata quella di alleggerire le posizioni sull'azionario ma senza farsi dominare da ondate irrazionali. Niente panic selling ovvero vendite generate dalla paura, ma solo la creazione di un argine difensivo per prevenire qualche scherzo degli speculatori natalizi. All'opera quando gli scambi si assottigliano e sui volumi ridotti è facile far oscillare violentemente i valori quotati a Piazza Affari. Gli operatori più grossi, le grandi case di investimento hanno già praticamente chiuso il grosso delle operazioni in vista della fine dell'anno e hanno messo nel conto che qualcuno che non ha raggiunto gli obiettivi possa approfittare nei giorni di festa, quando gli analisti sono distratti dal panettone, per fare speculazione. Visti i tempi di magra però la speculazione non può che andare al ribasso e cioè mettendo sotto pressione i prezzi per spingerli verso il basso. In questi giorni domina il segno negativo molto per ragioni tecniche e meno per le fibrillazioni politiche. Sta di fatto che ieri al termine di una giornata che si era aperta sostanzialmente piatta l'indice Ftse Mib ha fatto segnare nel finale un -0,86% a quota 15.699 punti. Le banche che i genere scontano immediatamente i riflessi delle impennate dello spread hanno perso ma non sono certo crollate. In rosso hanno chiuso Mediobanca (-2,33%), Banco Popolare (-1,38%), Unicredit (-1,3%), Bper (-1,26%), Mps (-1,11%) e Intesa Sanpaolo (-0,93%), mentre ha chiuso in controtendenza la Popolare di Milano (+0,49%). L'istituto ha chiuso la trattativa con i sindacati sui 700 esuberi annunciati. Una normale giornata di assestamento, insomma, e che ha scontato il fatto di essere il giorno della fine della settimana borsistica, in genere contrassegnato dalle vendite. Anche lo spread tra Btp e Bund, sinonimo di fiducia internazionale nei confronti del Paese, che giovedì scorso aveva ricominciato a correre fino a toccare i 333 punti base ieri si è afflosciato nel finale e ha chiuso a 323 punti. Il tasso dei decennali italiani sul mercato secondario è al 4,53%. Mentre si è attestato a 416 punti base il differenziale tra Bonos spagnoli e Bund, con il decennale di Madrid scambiato al 5,46%. Sarà difficile ora vedere scendere in campo la Merkel per bacchettare la gestione della crisi politica da parte dei partiti italiani. La Cancelliera tedesca ha le sue gatte da pelare. A forza di puntare l'indice sui conti dell'Italia, di chiedere rigore a tutti i costi, e di spingere i governi a varare riforme monstre senza esitazioni, alla fine è riuscita nel capolavoro economico di creare la recessione in Europa e di importarla nel suo paese. A dirlo è la prussiana Bundesbank che ha tagliato le stime della crescita tedesca nel 2012 e nel 2013 a causa degli effetti della crisi del debito. L'istituto di Francoforte ha stimato che il pil della Germania crescerà solo dello 0,4% l'anno prossimo dal precedente 1,6% indicato a giugno. Per il 2012 il pil tedesco è previsto in aumento dello 0,7% dal +1% della previsione precedente. Secondo le nuove stime della banca centrale tedesca, riportate da Bloomberg, la crescita tornerà abbastanza vigorosa nel 2014 in Germania con un pil stimato in espansione dell'1,9% dopo un calo marcato nel quarto trimestre di quest'anno e una stagnazione nel primo quarto del prossimo anno. E non è finita. Nella campagna elettorale di Frau Merkel potrebbe scoppiare il bubbone delle perdite nascoste e occultate nei bilanci della Deutsche Bank per 12 miliardi di dollari durante la crisi finanziaria. A riportare la notizia è il Financial Times. Tedeschi arroganti e ora anche probabilmente mendaci. Bisognerà capire se la Merkel avrà ancora voglia di ridere.

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