Bersani evita la trappola del Cav
Piovevaanche ieri sera quando Pier Luigi Bersani alle 19 ha preso l'aereo. Il segretario ha lasciato Roma non solo da candidato premier del centrosinistra. Ma con la consapevolezza di aver mosso forse un passo in più verso palazzo Chigi. Cinque giorni appena. Ma tante questioni, ancora sfuocate fino a una settimana fa, si sono chiarite. L'avversario, intanto. Oltre a Beppe Grillo, Bersani si troverà davanti Silvio Berlusconi. Quindi la data del voto. Il 10 marzo, con ogni probabilità. Ed infine, la legge elettorale. Il Porcellum. Una riforma è impossibile in queste condizioni. Bersani lo ha detto anche al presidente Napolitano nell'incontro di ieri pomeriggio: «Siamo sempre stati disponibili, ma il Pdl per noi non è più un interlocutore affidabile». E quest'ultimo tassello cambia le cose non poco. Maggioranza solida per chi vince. Difficoltà per chi si mette fuori dai due poli. E con Berlusconi in campo poi, il «tatticismo» di Pier Ferdinando Casini ha poche cartucce in tasca. Non a caso il leader Udc si sta riavvicinando al segretario del Pd. L'altro ieri il vertice, dopo un lungo silenzio. Ieri una linea comune al Quirinale. C'è stato anche uno scambio tra i due Pier: Bersani che usciva e Casini che entrava da Napolitano. Sia Pd che Udc hanno detto sì al voto il 10 marzo, se il presidente Napolitano deciderà in questo senso. Con la richiesta di evitare insidiosi «logoramenti». Si finisce con il via libera alla legge di stabilità. Che tutto questo porti ad un accordo Pd-Udc, è ancora da definire. Ma dal quartier generale di Bersani arriva qualche parola chiara: no a una coalizione con i centristi, sì ad un'alleanza. Ovviamente, pre-elettorale. Queste le condizioni. In questa situazione, la preoccupazione maggiore del Pd, esplicitata ieri al presidente Napolitano, è che si allunghino i tempi. Bersani ha chiesto garanzie in questo senso. «Noi siamo responsabili, ma evitiamo il logoramento. Non possiamo sostenere da soli i provvedimenti con Berlusconi che è fuori dalla maggioranza e fa campagna elettorale», è stato il ragionamento del segretario del Pd. Parole, del resto, che aveva già esplicitato nell'intervento di ieri mattina alla Camera. «Saremo leali, pronti a esserlo fino alla fine della legislatura, leali nel sostegno al governo e alle indicazioni del capo dello Stato, che saprà guidarci in questo frangente difficile. Leali ma ingenui no: non potete pensare che oltre al peso della transizione ci mettiamo sulle spalle il peso della propaganda del Pdl», sottolinea Bersani. Quindi, un assaggio della linea di campagna elettorale. Le colpe del Pdl e di Berlusconi, intanto. «Siete stati irresponsabili, ci avete raccontato che la crisi era solo psicologica, voi e quelli che hanno fatto finta di credervi sperando che si bagnasse solo la terza classe per egoismo sociale». E quindi le conseguenze di tutto questo: «L'Imu - scandisce - non è la tassa di Monti ma di Berlusconi e Tremonti». E il pareggio di bilancio. «Ha firmato Monti? No ha firmato Berlusconi con Tremonti! Quindi è da lì che derivano le manovre, tagli e tasse». Non voglio piacervi, ma voglio che mi crediate. Ha ripetuto Bersani nella campagna per le primarie. E ieri in aula ha tarato su questa linea anche la prossima campagna per le politiche. «Se voi proporrete favole noi non le proporremo, se voi proporrete l'uomo del miracolo noi parleremo di sforzo comune dove chi ha di più deve dare di più. Lasceremo a voi tutti gli effetti speciali e di comunicazione, i cieli azzurri, i soli in tasca, tutto a voi. Noi andremo sobri, dicendo due parole: moralità e lavoro». «Se per voi - incalza - è ancora tempo di un uomo solo al comando, per noi di verità, partecipazione, riscossa e cambiamento. E abbiamo l'ambizione di metterci alla testa del cambiamento». Magari con al fianco l'Udc di Casini. La mossa di Berlusconi sposta inevitabilmente i centristi verso il Pd.