Alfano suona il de profundis per il governo ma nel Pdl cresce la rabbia
Forse,più semplicemente, basterebbe dire confusi. Il giorno dopo il ritorno in campo di Silvio Berlusconi e l'uscita del Pdl dalla maggioranza che sostiene Mario Monti, nel partito regna la più completa confusione. Ci sono i berlusconiani duri e puri. Ci sono quelli che speravano di poter accreditarsi come alternativa a Silvio in chiave anti-Alfano e ora si trovano in mezzo al guado. E ci sono quelli che non ne possono più ma sono ancora alla ricerca di un leader che guidi la rivolta. Così, nell'attesa, si naviga a vista. Con un'unica certezza: per il Pdl l'esperienza del governo dei tecnici è finita e occorre andare prima possibile ad elezioni. Alfano, ricevuto ieri mattina al Colle, ha recapitato il messaggio al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Poi, concluso il faccia a faccia, si è presentato in Aula alla Camera per le dichiarazioni di voto sul decreto riguardante il taglio dei costi della politica. Ed ha tracciato la linea per il presente e il futuro. «Siamo qui a dire - ha esordito - che consideriamo conclusa l'esperienza di questo governo». Ciò nonostante il Pdl e il suo segretario non hanno alcuna intenzione di passare da «irresponsabili». Per questo, spiega Alfano, non hanno votato (e non voteranno, si capisce tra le righe) la «sfiducia» a Monti: «Consideriamo conclusa l'esperienza del governo ma non vogliamo mandare le istituzioni e il Paese a scatafascio». La strada è tracciata. E ieri pomeriggio, a Palazzo Grazioli, Berlusconi ha riunito ancora una volta lo stato maggiore del partito. «È un vertice sulle elezioni e sull'organizzazione della campagna elettorale» ha spiegato Fabrizio Cicchitto uscendo. In realtà l'incontro, come quelli dei giorni scorsi, sarebbe stata l'ennesima occasione di confronto tra il Cavaliere e l'ala del Pdl più insofferente nei confronti di una sua ricandidatura. Un'ala che cresce col passare dei giorni. Giovedì erano stati 4 i pidiellini che avevano votato in dissenso dal proprio gruppo alla Camera (Franco Frattini, Giuliano Cazzola, Alfredo Mantovano, Gennaro Malgieri). Ieri se ne sono aggiunti altri. Invece di astenersi Mario Valducci, Carlo Nona, Marcello De Angelis, Mario Landolfi, Francesco Biava e Barbara Saltamartini hanno votato a favore del decreto sui tagli ai costi della politica. Mentre Maurizio Lupi ha votato no. Tutti hanno spiegato che il loro non era un voto a sostegno del governo e hanno respinto l'etichetta di «montiani» (l'unico a rivendicarla è Cazzola, mentre Lupi ha spiegato che, pur condividendo i tagli, non ha gradito il passo indietro sul pagamento dell'Imu da parte degli enti non profit). Ma non hanno smentito il malessere nei confronti di ciò che sta accadendo nel partito. Ora bisogna vedere come si sfogherà questa rabbia.