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La crisi di governo in Italia? Mario Draghi si trincera dietro un no comment ma subito dopo lascia intendere che la strada da percorre è quella tracciata da Monti e vale anche per i governi che verranno.

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Mai governi sanno «quali sono le condizioni, sanno che dovranno aver concluso un accordo con il fondo salva-Stati Esm, di macroaggiustamento precauzionale o altro, per avere accesso al sostegno dell'Omt e sanno che questa è una premessa fondamentale, ma non sufficiente perchè la Bce decida di intervenire». Il presidente della Banca Centrale precisa quindi che questo «vale per la Spagna e per qualunque altro Paese», anche per l'Italia. Insomma il sostegno non verrà concesso in «modo incondizionato». Poi sottolinea che nonostante le prospettive macroeconomiche dell'area euro rimangono «deboli», vi sono segnali di miglioramento della fiducia, come quelli giunti dall'indice Ifo tedesco e dalle statistiche dell'istituto Insee francese e dall'Istat per l'Italia. Nella conferenza stampa seguita al Direttorio che ha deciso di lasciare i tassi invariati, Draghi ha confermato le previsioni per una graduale ripresa nell'Eurozona a partire dalla fine 2013, indicando l'inflazione sotto al 2%. Nella seconda parte del 2013 «l'attività economica dovrebbe riprendersi gradualmente di riflesso al rafforzarsi della domanda globale e dell'orientamento di politica monetaria accomodante» condotto dalla Bce, ma anche di riflesso «al passaggio graduale all'economia reale del consistente miglioramento della fiducia dei mercati». Anche, le decisioni in materia di politica di bilancio negli Stati Uniti «potrebbero deprimere lo scenario generale più a lungo di quanto si preveda, facendo slittare ulteriormente la ripresa degli investimenti privati, dell'occupazione e dei consumi». La Bce ha rivisto invece al ribasso il Pil del 2012 in una forbice tra il -0,6% e il -0,4%, mentre sul 2013 la stima è tra il -0,9% e il -0,3%. Per la prima volta i tecnici della Bce hanno poi fornito una stima sul 2014, su cui indicano una dinamica tra il +0,2% e il +2,2%. I governi devono quindi «andare avanti con la riduzione degli squilibri fiscali». Poi ha confermato che la Bce continuerà a fornire liquidità illimitata alle banche con aste trimestrali almeno fino a luglio, e comunque per tutto il periodo necessario. Quanto alla supervisione bancaria unica Draghi ha ribadito che è «cruciale per la solidità del sistema». Si è detto fiducioso sulla possibilità di raggiungere un accordo, entro la fine dell'anno e ha rilevato che «i benefici che ci sarebbero con un singolo vigilante sono incontestati. Si romperanno i legami tra debiti pubblici nazionali e banche, rendendo le banche più affidabili». L'obiettivo è evitare la frammentazione del settore bancario dell'Eurozona. Sull'operazione di buyback avviata dalla Grecia sul suo debito, Draghi non si è sbilanciato. «È ancora troppo presto per dire come sta andando». A chi ha ipotizzato un impegno troppo forte da parte del settore privato sul risanamento dei conti pubblici greci, Draghi ha risposto che «l'impressione è che molto è stato chiesto, invece, al settore pubblico. Tutto questo programma è stato finanziato e proposto dal settore pubblico con soldi pubblici». Anche se è «troppo presto per dire come sta andando il buyback» dei titoli di stato greci, che fa parte del piano complessivo di riaggiustamento della traiettoria del debito pubblico di atene, «i nuovi aiuti vengono soprattutto dal pubblico», ma la cosa più importante in tutto questo accordo, ha sottolineato Draghi, è «l'impegno di medio termine che prevede la possibilità di nuovi aiuti nel caso in cui la Grecia riesca a registrare un avanzo corrente. È la prima volta che succede». Il presidente della Bce ha lodato gli sforzi e i progressi «consistenti» sul fronte del consolidamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali. Rispondendo a una domanda sul profondo malessere del popolo greco per le durissime politiche di austerità ha invitato a «non dimenticare i gravi squilibri presentati in partenza dall'economia di Atene. Si tratta di un necessario processo di aggiustamento». Infine la questione spinosa degli Eurobond. La possibilità di mettere in comune il debito dei Paesi dell'Eurozona con il progetto degli Eurobond al momento «non è realistico», ma lo potrebbe diventare in futuro quando la fiducia dei mercati sarà totalmente ripristinata e ci sarà più consapevolezza da parte degli stati membri dell'euro delle conseguenze delle proprie politiche. «Dobbiamo capire - ha spiegato - che in origine c'è stato un abuso di fiducia tra quei Paesi che sempre, o quasi sempre, hanno rispettato la disciplina di bilancio e altri che invece non lo facevano». Negli ultimi due anni «la questione è stata di riportare fiducia nell'Eurozona». Poi ha ricordato che «per questo, sono state varate nuove regole in materia di conti pubblici, come il fiscal compact, sono stati decisi limiti a quello che ogni singolo governo può permettersi. Ora, si passa alla fase in cui avere limiti ad azione di bilancio. In una gamma ideale di azioni possibili - ha detto ancora Draghi - ci sono da un lato la totale responsabilità nazionale su debito e bilanci e dall'altra la mutualizzazione del debito, ad esempio con gli eurobond. Sarebbe irrealistico partire da subito con gli eurobond perchè non è sensato pensare a una politica dove io emetto e tu spendi. Diventerà invece realistico, quando ci sarà di nuovo piena fiducia e ci saranno prove chiare del fatto che tutti i Paesi intendono rispettare i propri impegni».

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