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Anche la Procura di Palermo scarica il «Guatemalteco»

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Ilgiorno dopo la sonora sconfitta incassata con la decisione della Consulta di accogliere il ricorso del Quirinale nel conflitto di attribuzione contro i pm di Palermo, il procuratore Francesco Messineo prende posizione: per ribadire che quelle di Ingroia sono opinioni personali e che le sentenze «sono atti di giustizia e come tali vanno accolte, rispettate ed eseguite». Un chiaro tentativo di smarcarsi, quello del capo dei pm, che vede sempre più lontana la poltrona di procuratore generale di Palermo dopo i tentennamenti del Csm che non ha ancora deciso sulla nomina. Per Messineo, che invoca l'osservanza della sentenza della Corte, la linea d'azione sembra comunque tracciata e prevede la distruzione delle intercettazioni delle telefonate tra l'ex ministro Nicola Mancino e il Capo dello Stato finite nell'inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia, causa dello scontro col Colle. Una certezza, quella del procuratore, che non pare condivisa dai titolari dell'inchiesta, i pm Nino Di Matteo, Lia Sava e Paolo Guido i soli a dover decidere le sorti delle intercettazioni visto che Messineo non è coassegnatario del fascicolo. I sostituti, ieri riuniti tra loro per ore per parlare della questione, attendono la lettura del provvedimento della Consulta, il cui deposito è previsto per gennaio, per capire cosa fare. La decisione di martedì, infatti, secondo alcune interpretazioni, non risolverebbe il problema procedurale. Le prescrizioni dei giudici romani, infatti, si riferirebbero solo ai pm ai quali si è fatto sapere che non avrebbero dovuto valutare la rilevanza delle conversazioni ai fini dell'inchiesta e che avrebbero comunque dovuto chiedere subito al gip la distruzione delle bobine. Ma il gip, che sarà chiamato a distruggere materialmente le conversazioni, non era parte nel conflitto di attribuzioni, quindi, a dire di alcuni pm, potrebbe anche disattendere la decisione e fissare l'udienza nel contraddittorio delle parti - vero nodo della questione - per valutare la rilevanza delle telefonate ed eventualmente ordinarne la distruzione. L'ultima parola, quindi, potrebbe essere del giudice. La spinosa questione passerà al Gip Riccardo Ricciardi. Sarà lui a stabilire il da farsi.

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