Percorso a ostacoli per le riforme Monti
Ilministro dell'Economia Vittorio Grilli ha un ben dire da Bruxelles che bisogna tener conto del parere della Commissione europea, contraria alla proroga e favorevole a un'asta pubblica. I partiti ormai marciano avendo come stella polare solo l'appuntamento elettorale. E quello delle concessioni delle spiagge è un buon tema da spendersi al momento opportuno per far incetta di voti. Nello scorcio di legislatura si fanno più profonde le discrepanze tra la maggioranza e il governo. Ogni misura viene soppesata e tarata in chiave elettorale mentre il presidente del Consiglio è impegnato su un doppio piano: mandare in porto le riforme e tranquillizzare i partner europei che il prossimo governo non adotterà politiche di discontinuità per il rigore e la crescita. Al palo ci sono una serie di provvedimenti che potrebbero non vedere la luce se si dovesse bloccare la legislatura con un voto anticipato. Soppressione delle Province, tagli anti casta, modifica del Titolo V della Costituzione, delega fiscale, crescita, stabilità e delega fiscale: alcuni di questi non taglieranno il traguardo, impantanati nell'intreccio dei veti, del fuoco di sbarramento dei partiti e dell'ingorgo dei lavori parlamentari. Il tempo è risicato. Se si dovesse andare a votare a marzo, Napolitano dovrà sciogliere le Camere a metà gennaio. Da quel momento in poi solo normale amministrazione. Il che significa nessuna approvazione di leggi o decreti. Per il decreto sull'abolizione delle Province è necessaria la conversione in legge che deve avvenire entro la fine di dicembre, ma, leggendo i resoconti delle discussioni in Commissione, siamo ancora in alto mare. Il discorso non cambia per il dl di Corrado Passera sulla Crescita: scadenza per la sua approvazione fissata al 18 dicembre, ma ancora si attende l'ok in Commissione. C'è, poi, il dl 174 sui costi della politica (soprattutto quella regionale): termine ultimo per la conversione in legge è il nove dicembre. La delega fiscale deve affrontare il percorso finale dell'iter parlamentare. In sospeso tre decreti in attesa di conversione in legge: quello sulla revisione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina spa, quello sul blocco del 2,5% del prelievo sul Tfr degli statali e infine quello sul pagamento dei tributi per i terremotati emiliani. Fallire questi obiettivi, o peggio andare a una crisi di governo con elezioni anticipate, rischia di rimettere il Paese in balia della speculazione. Monti ha detto che l'obiettivo è portare lo spread a un livello che è la metà di quello al momento del suo insediamento: ovvero a 287 punti, l'esatta metà dei 574 di quando aveva preso il timone del governo dopo Berlusconi. Ma Monti ha in mente anche una riforma della sanità perché in futuro il sistema rischia di non essere sostenibile. «Invecchiare «non è più un traguardo di pochi anche grazie alla sanità pubblica che ha dato un grande contributo» ha rilanciato ieri Monti sottolineando però che «proprio in virtù di questo grande successo, la sanità pubblica è chiamata a ripensarsi in vista di una rimodulazione e di un adattamento di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo imparare a gestire il divenire del processo demografico in maniera più efficiente». Non solo. Monti pensa a scardinare le resistenze corporative, come quelle che hanno impedito l'allungamento dell'orario dei docenti.