Pdl indeciso a tutto sulla riforma del voto
Lontana l'intesa sulla legge elettorale. La commissione in Senato comunque voterà oggi un testo e poi cercherà un accordo in aula nei prossimi giorni
IlPorcellum, vedrete, non solo vede Natale, ma pure le uova di Pasqua...». Un modo per far capire che la possibilità di modificare l'attuale legge elettorale si allontana ogni giorno di più. E questo nonostante sia il Quirinale sia il governo stiano «premendo» per arrivare a una modifica. Ieri il sottosegretario Giampaolo D'Andrea ha spiegato che «il governo è neutrale al merito, ma auspica vivamente che si approvi». «Noi, pur avendo assicurato tutta la nostra assistenza – ha aggiunto – non abbiamo interferito nelle scelte di merito ma condividiamo appieno l'invito del Presidente della Repubblica a superare l'attuale situazione. Posso aggiungere che il tentativo in corso è sincero. Vediamo a quale risultato si arriverà in questi giorni, in queste ore». L'ultima mediazione prevede che oggi la commissione voti comunque un testo che poi potrebbe iniziare l'esame in aula domani. E lì si lavorerà per trovare un accordo. Ieri mattina la riunione della commissione Affari Costituzionali era prevista per le nove ma è stata spostata alle cinque e mezza. Ufficialmente per poter lavorare al decreto sviluppo, sul quale oggi verrà messa la fiducia. In realtà perché il Pdl aveva bisogno di prendere ancora tempo. Lunedì sera c'è stata una lunga riunione in via dell'Umiltà proprio per sciogliere il nodo della riforma. Ma di fronte all'intenzione dell'ex premier di affossare comunque la modifica del Porcellum i vertici del partito hanno deciso di rinviare ancora una decisione. L'unica «mossa» è stata quella di Gaetano Quagliariello che ha proposto un emendamento – che poi però non è stato presentato – nel quale il cosiddetto premietto era di 50 deputati al partito che raggiungeva un risultato tra il 25 e il 39,9%, cancellando così il premio variabile contenuto nella bozza Calderoli, su cui Pd e Pdl sembravano aver trovato l'intesa. Proposta che il Pd ha però rifiutato: «Ogni accordo raggiunto - ha replicato Angela Finocchiaro - viene smentito il giorno dopo da un'ulteriore proposta che peggiora quella precedente. Ora si parla di un nuovo emendamento del Pdl, che cambierebbe nuovamente i termini del confronto. E questo avviene nonostante noi, con grande attenzione e cura, continuiamo a cercare un'intesa per il cambiamento. Mi sembra che sia sacrosanto, e bene ha fatto Bersani a farlo dalla Libia, incalzare il Pdl, il presidente Berlusconi e il segretario Alfano affinché dicano cosa vogliono fare con la legge elettorale. Noi abbiamo chiesto e coerentemente continuiamo a chiedere che la legge elettorale assicuri la governabilità del Paese e la stabilità del nuovo governo». Resta scettico sulla possibilità di arrivare a un accordo anche il presidente della commissione Affari Costituzionali Carlo Vizzini: «In queste condizioni non c'è un testo che possa andare in aula. Siamo in una situazione di stallo, se si deve fare una legge che esca dal Senato, deve essere la più condivisa possibile». Sbotta anche Pier Ferdinando Casini che vorrebbe arrivare a una legge che introduca le preferenze e non preveda un premio di maggioranza troppo alto al partito o alla coalizione vincente. In questo modo l'Udc potrebbe diventare determinante dopo il voto per raggiungere la maggioranza. Il leader dei centristi punta il dito contro il Pdl: «Finalmente domani si metteranno le carte in tavola e ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Gli italiani devono sapere chi è per il mantenimento dell'attuale legge elettorale che li esproria del diritto di scegliere i candidati. È importante che si faccia chiarezza, che non ci siano giochini, ambiguità o carte coperte sotto il tavolo: i festival degli equivoci sono finiti». Pa. Zap.