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Monti scopre le tasse alte

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Ma per ora non si tagliano Il premier: prima di ridurre la pressione fiscale occorre continuare la lotta all'evasione

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Mabisogna attendere perché è necessario rispettare limiti e dinamica temporale. Insomma si taglia solo quando ci saranno le condizioni. Niente facili promesse e, per ora, di abbassare la pressione fiscale non se ne parla proprio. Le parole del premier Mario Monti che scopre che il problema fiscale c'è ed è concreto arrivano a Verona alla platea degli Stati Generali del Centro Nord, l'incubatore promosso dall'associazione ItaliaCamp di Antonio Catricalà per trovare la migliore «idea programma» per il Paese. Non ci sono fischi. La platea in fondo è amica visto che è vicina idealmente alle idee del sottosegretario della presidenza del consiglio. Ma le aperture per un clima fiscale più mite non commuovono il Veneto, terra di partite Iva spremute dalla recessione e delle pretese dell'erario. Monti spiega che il punto d partenza è sempre lo stesso: la guerra all'evasione. Che deve proseguire e, pur evitando gli eccessi, la politica deve «sentirne l'urgenza», perché «non c'è dubbio che occorrerà ridurre la pressione fiscale». Anche se con «i limiti e la dinamica temporale» necessari. Il premier tocca i temi dell'attualità politica, dall'Ilva di Taranto - «quello di ieri (venerdì ndr) è un decreto legge che abbiamo approfondito anche sotto gli aspetti costituzionali» - alle riforme economiche per ridare slancio all'Italia. E insiste soprattutto sulle questioni più avvertite dalle giovani generazioni: il merito, la scuola, la disoccupazione, la lotta al corporativismo, che «blocca il Paese». Sulla scuola è chiaro: «Io e il ministro Profumo siamo pronti ad ascoltare le istanze del mondo della scuola, a patto che siano senza senza ideologismi e senza corporativismo». «Non c'è un noi governo - spiega - e un voi insegnanti e studenti: abbiamo tutti lo stesso obiettivo, una scuola più efficace e moderna». Il presidente del Consiglio usa l'arma della franchezza, non nascondendo che anche le medicine amare somministrate al Paese sono state inevitabili. «Le politiche economiche del governo - aggiunge o - non sono state la causa dei fenomeni negativi che si vogliamo rimuovere», come la recessione e la disoccupazione. «Io - aggiunge - sono molto sensibile a questi problemi, ma non ritengo che il governo potesse fare diversamente da ciò che ha fatto». L'esecutivo, sottolinea Monti, non ha cercato facili scorciatoie: «Se avessimo voluto ottenere dati meno negativi sulla disoccupazione avremmo dovuto fare un surfing sulla cresta di un'onda illusoria». Così, per il premier, «solo con le riforme, solo trasformando la struttura dell'economia e le istituzioni che la governano si può rimettere sulla carreggiata giusta di una moderna economia di mercato il Paese». Questo «ridarà fiducia agli italiani e dimostrerà al mondo che l'Italia è un luogo meritevole di attenzione per la produzione e per gli investimenti finanziari». Che sia o meno la data della ripresa per l'Italia, Monti torna a scommettere sul 2013 come un anno di svolta: «Il mio desiderio - confessa - è che il 2013 possa essere l'anno di uno straordinario investimento in capitale umano, da parte di tutte le forze del Paese, a cominciare dalle imprese, per sostenere i giovani». Uno sforzo di tutti per uscire dalla crisi, perché «se lo Stato da solo non ce la fa - è il suo messaggio - non vuol dire che non ce la facciano gli italiani insieme». L'ultimo richiamo è stato ancora per la delicata situazione del lavoro e specificamente del polo siderurgico pugliese: il decreto sull'Ilva - precisa - ha cercato di rimettere in ordine diverse responsabilità, affinché «gli impegni vengano presi sul serio e vi siano sanzioni severissime». Perché - conclude Monti - «non possiamo ammettere che in Italia ci sia la drammatica alternativa tra lavorare e vivere».

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