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BERSANI voto 7- Fisicamente, Bersani si muove da uomo saggio, alza e abbassa le braccia, ritma nei passaggi più emotivi le frasi con gesti della mano destra anche se non guarda sempre in faccia alla telecamera ma verso la conduttrice.

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Insieme,fisico e carattere, danno il suo stile: un uomo pragmatico che vuole presentare agli spettatori la sua esperienza come valore e non come ingombro da rottamare. LOOK 6,5 Prevedibile, come la serenità di un usato sicuro: il vestito scuro, la cravatta rossa a pois bianchi e la camicia bianca a colletto striminzito. Insomma, l'abito che ti aspetti indosso ad un politico. LINGUAGGIO 7,5 L'uso della metafora colorata e popolare - «c'è tanta gente che preferirebbe il passerotto in mano piuttosto che il tacchino sul tetto», pronunciata con l'accento emiliano, innesca un effetto simpatia. Le parole, anche nella fonetica, sono curate, spesso nel dettaglio, e la cadenza ribadita di alcuni termini come la-vo-ro, traccia la mappa delle priorità del mondo bersaniano. A tratti rispolvera il fare del buon padre di famiglia, «Matteo bisogna che tu approfondisca un po' questo tema...», approccio che aveva funzionato nel confronto a cinque su Sky per il primo turno delle primarie ma che in un duello a due diventa paternalismo più che saggezza. Anche il segretario del Pd, nella prima parte del faccia a faccia impiega 4 delle 5 repliche. CONTENUTI 7 Socialisti. Bersani ci tiene a non passare come un tassaiolo e rivolto a Renzi, all'inizio, dice che «Equitalia non l'abbiamo mica inventata noi, sia chiaro». Si appassiona quando parla di ricerca, di istruzione, di giovani che vorrebbero studiare e non possono e in questo modo - dice - ricevono una ferita alla loro dignità umana. Parla da socialista, insomma, persino quando - diversamente dal suo concorrente - si dice contrario alla totale abolizione del finanziamento pubblico. SPERANZA DI FUTURO 6,5 «L'ultima volta che abbiamo voluto far tutto da soli, ha vinto Berlusconi», dice sulle possibili alleanze politiche. E qui il futuro di Bersani prende il sapore di un eterno ritorno, tra Sel e un accordo possibile e programmatico con forze moderate di centro, un futuro che non può fare a meno del passato e per questo pare attenuare la speranza di cambiamento radicale della realtà, rispetto al presente. Qui però, sul rintuzzo renziano che gli rammenta la fine ingloriosa della fu Unione, il segretario del Pd mette in campo l'orgoglio: «Noi garantiamo all'Europa e al mondo che siamo in grado di governare».

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