Ma il rigore resta
Memorandum Ribadito il rispetto delle raccomandazioni sul deficit
Tant'èche lui stesso da Bruxelles ribadisce di non aver mai preso in considerazione l'ipotesi di una fine anticipata del suo mandato. Non solo quindi rimette in riga il Pdl e quanti, a cominciare da Berlusconi avevano ventilato un voto anticipato e l'ipotesi di una deflagrazione dell'eurozona ma blocca sul nascere la tentazione (quella contenuta nelle dichiarazioni di Brunetta) di far passare il risultato a Bruxelles come un boomerang per l'Italia. Monti è stato chiaro: non ci saranno interventi della troika e riduzioni della sovranità nazionale sul tipo di quanto è avvenuto per la Grecia. Il meccanismo anti spread però non sarà gratis. L'intervento del fondo salva Stati per raffreddare un innalzamento dello spread non sarà automatico ma entrerà in funzione su richiesta dello Stato interessato e dopo la firma di un memorandum d'intesa. Questo si baserà sulle raccomandazioni che la Commissione europea ha fatto quest'anno per la prima volta nell'ambito del Patto di Stabilità e di Crescita. E come ha ricordato il Cancelliere Angela Merkel riferendo al Bundestag «i provvedimenti che Italia e Spagna devono prendere sulla base delle raccomandazioni sono molto duri». Riprendendo in mano il documento della Commissione Ue con le raccomandazioni per l'Italia emerge che l'Italia deve adottare tutta una serie di provvedimenti nel periodo 2012-2013 per garantire alcuni obiettivi: correzione del disavanzo eccessivo, rispetto del pareggio di bilancio nel 2013, misure per combattere la disoccupazione giovanile, lotta contro l'evasione fiscale, misure per ridurre la portata delle esenzioni fiscali, le indennità e le aliquote IVA ridotte, liberalizzazione e semplificazione nel settore dei servizi, semplificazione ulteriore del quadro normativo per le imprese e rafforzamento della capacità amministrativa, riorganizzazione della giustizia civile. Il richiamo quindi alle raccomandazioni della Commissione Ue sul patto di stabilità significa che la possibilità di far ricorso al fondo salva Stati non può diventare un alibi per deragliare dal rigore del bilancio. Non a caso Monti, nella conferenza stampa dopo il vertice, ha ribadito che crescita e rigore devono procedere di pari passo. L'accordo raggiunto a Bruxelles offre sì un paracadute ai Paesi contro la speculazione ma impone anche il rispetto delle regole. Questo tradotto in chiave di politica interna significa che la maggioranza e le parti sociali non potranno che assecondare i prossimi interventi del governo tecnico. «Meglio il dialogo con la Merkel che quello con le parti sociali» ha detto ironico Monti riferendosi a certe asprezze recenti nel confronto con la Confindustria. La prima verifica del nuovo clima ci sarà con la spending review. Lunedì Monti incontrerà a Palazzo Chigi le parti sociali, poi i rappresentanti degli enti locali per un confronto proprio sui tagli. Il Consiglio dei ministri che dovrà esaminare il decreto spending review potrebbe slittare o a lunedì notte o a martedì a causa della finale degli Europei di calcio a Kiev alla quale interverrà Monti. Al di là del timing, la prima decisione riguarda l'entità dell'intervento, con due ipotesi sul campo: sette o dieci miliardi. Per stabilire la cifra, sottolineano fonti di governo, si deve partire dagli obiettivi. Il primo, confermato dal ministro Corrado Passera, è evitare l'incremento dell'Iva a ottobre, il che costa 3,8-4 miliardi. Il secondo, chiesto da Confindustria e dai partiti della maggioranza, è quello di iniettare un pò di liquidità nell'economia reale. Tale obiettivo si traduce in ulteriori risorse da destinare al decreto sviluppo, che inizia il suo iter mercoledì alla Camera, e anche nello sbloccare qualche delibera Cipe in modo da aprire qualche cantiere sin da settembre. Dal taglio agli acquisti di beni e servizi, dossier che porterà Enrico Bondi, dovrebbero arrivare subito cinque miliardi. Per andare oltre tale cifra occorrono misure che solo in parte finirebbero nel decreto; le altre potrebbero essere inserite a settembre in un pacchetto a sè. Upi ha riaperto il dossier sul taglio delle province lanciando una contro-proposta al Tesoro in un annuncio pubblicato da alcuni quotidiani: il governo agisca con la forbice sulle 3.127 società, consorzi ed enti strumentali di Regioni, Province e Comuni, «pagine e pagine di sigle improbabili, strutture create dal nulla spesso per spartire poltrone e gestire potere», che costano al Paese 7 miliardi di euro l'anno, 2 solo per i Cda. L'ipotesi non è scartata dal governo, ma essa una volta attuata, porterà risparmi non immediati. Dopo il risultato di Bruxelles Monti ha tutta la forza necessaria per andare avanti sulle riforme in tempi brevi. L.D.P.