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Nello staff del presidente del Consiglio si respira un clima di relativa tranquillit

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Lestrutture di Palazzo Chigi hanno il mirino puntato su Bruxelles e sui risultati del vertice dal quale è previsto che Monti torni con un accordo pieno in tasca. In agenda per domenica è rimasta solo una riunione tecnica allargata a tre o quattro ministri per trovare la quadra definitiva sull'applicazione concreta delle misure che prenderanno forma nella spending review. Un incontro calendarizzato e preparatorio dei vari pezzi sulla razionalizzazione della spesa degli enti pubblici arrivati sulla scrivania di Monti dai vari dicasteri. Il primo testo organico sulla razionalizzazione della spesa potrebbe già essere scritto domenica sera, dunque, ma presentato al premier solo lunedì visto che se il summit europeo si chiuderà rispettando i limiti imposti, dunque nella serata di domani, Monti volerà direttamente a Milano senza fare tappa a Roma. Questo secondo il programma. Che non prevede strappi e dà per scontata una conclusione positiva del confronto con la cancelliera Merkel. Non è contemplato il fallimento delle trattative. Solo per motivi precauzionali però è stato chiesto, come di routine negli ultimi tempi, ai ministri e ai tecnici ministeriali degli uffici legislativi di non allontanarsi dalla Capitale. Insomma una libertà vigilata soprattutto in considerazione che a Roma domani è la festa di San Pietro e Paolo, patroni della città, e gli uffici pubblici sono chiusi. Una tentazione troppo forte per non impostare un week end lungo di fine giugno. Progetti di spostamento sconsigliati dunque. Ma solo per dare un segnale ai mercati nell'ipotesi peggiore e cioè che il vertice di Bruxelles rimanga aperto nelle soluzioni e, già da lunedì, si debba dare un segnale forte ai mercati che in attesa di accordi definitivi, l'Italia non ha alcuna voglia di abbandonare la strada del consolidamento dei conti. Le ipotesi sul tappeto per la spending review sono le stesse circolate nei giorni scorsi e cioè riorganizzazione della pubblica amministrazione, con l'utilizzo della mobilità per i dipendenti pubblici. Riduzione delle province. Accorpamento - inizialmente dei servizi - per i 4.000 comuni al di sotto dei 1.000 abitanti. Poi riduzione drastica delle società pubbliche «locali» e risparmi sul fronte sanitario con la norma - già votata dal parlamento - che obbliga le Usl a rinegoziare i contratti di fornitura troppo onerosi, e nel caso, annullando accordi già presi. Secondo il calendario lunedì è previsto il confronto prima con i sindacati e poi con gli enti locali. Quindi sarebbe previsto - ma la convocazione non è ancora stata fatta - un Cdm per il confronto collegiale e il varo. Il governo punta a raccogliere per quest'anno i 5-7 miliardi che consentiranno di bloccare il previsto aumento Iva di due punti che dovrebbe scattare dal primo ottobre, ma anche a finanziare interventi di rilancio della crescita e di ricostruzione in Emilia. E gli interventi, a regime, potrebbero valere sui 13 miliardi. I ministeri hanno già preparato i propri interventi ma le scelte devono ancora essere compiute collegialmente. Le risorse per bloccare l'aumento Iva, che avrebbe l'effetto di rallentare ancora la crescita, sembrerebbero già messe al sicuro. Ma gli interventi potrebbero essere più incisivi, per stendere un cordone di sicurezza contro il calo di gettito dovuto al rallentamento economico e per ammortizzare il rischio di una maggiore spesa per interessi. Il parlamento ha invece approvato una norma che di fatto anticipa l'arrivo dei «costi standard» per le Asl: dovranno verificare i prezzi previsti per l'acquisto di beni e, se risulteranno troppo alti, dovranno avviare una procedura di rinegoziazione. Se non riescono a spuntare un prezzo migliore potranno recedere dal contratto. Novità anche per i consumi di energia. Il capitolo sanità prevederebbe un taglio di circa 1 miliardo su beni e servizi, ma sarebbe salvo il cosiddetto «fondino» da 1,8 miliardi, su cui Bondi aveva puntato gli occhi. Altri interventi potrebbero arrivare con nuovi tetti per i farmaci. Di certo la riorganizzazione della spesa pubblica («non ci saranno solo tagli», ha assicurato il ministro Patroni Griffi) passerà per un taglio delle provincie. A seconda dei criteri usati si andrà da un minimo di 20 ad un massimo di 42 provincie in meno. Ma non sfuggiranno nemmeno i comuni: sotto i 1.000 abitanti - e sono circa 4.000 quelli interessati - dovranno puntare ad unire i servizi. C'è poi il nodo «dipendenti pubblici». La riorganizzazione passera attraverso la «mobilità» così come già prevista dalla legge. Ma i sindacati sono già in allarme.

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