Gli italiani non sanno più sacrificarsi
Mipiace che dica ciò che pensa e non quello che gli altri si aspettano. Mi piace per le sue provocazioni. Folli o meno, le sue proposte hanno sicuramento un pregio: sono le sue, rappresentano il suo pensiero. E non si censura, non chiede ai santoni dei sondaggi se diventerà più popolare o più odiato. E vi sembra poco? In Italia e non solo, dai leader dei partiti agli amministratori di condominio, non c'è decisione che non passi sotto il rigido esame degli esperti di comunicazione, degli analisti dei flussi elettorali, dai maghi che pretendono di interpretare i pensieri collettivi. Una volta Arbore faceva cantare il ritornello: la vita è tutta un quiz. Ora si potrebbe dire: è tutta un sondaggio. Non sfiora l'idea di valutare se le cose che si affermano siano giuste o meno, ma solo se sono popolari e come sono interpretate dall'opinione pubblica. Sembra folle un politico che dice ciò che ritiene giusto, non ciò che porta voti. Polillo se si presentasse alle elezioni, ma dubito che trovi un partito pronto a candidarlo, forse di voti ne raccoglierebbe ben pochi. Ma almeno esce fuori dal coro. Lo definiscono un kamikaze perché è convinto che per mantenere gli attuali livelli salariali bisognerebbe lavorare di più, magari rinunciando a un po' di ferie. E se avesse un po' di ragione? Certo già vediamo chi, con statistiche alla mano, è pronto a dimostrare che in Italia non c'è lavoro, che c'è gente che cerca occupazione ma non c'è nessuno che la offra. Che ci sono sfruttati, malpagati, precari a vita. Che per i giovani il futuro è incerto. Tutto giusto. E chi lo nega. Ma tra i garantiti, tra quelli che crisi o meno lo stipendio lo ricevono sempre e sempre uguale, tra quelli che si fanno forti di accordi sindacali, di leggi, sentenze, di tradizioni e tanto altro e che non sono mai disposti a rimettersi in gioco, il discorso di Polillo è proprio campato in aria? O forse qualche ragione non ce l'ha? C'è la crisi, perché non offrire una parte del proprio lavoro alla causa comune? Quando questo avveniva senza tante discussioni nei paesi comunisti o comunque con una dittatura nessuno aveva nulla da dire, anzi andando a guardare negli archivi si troverebbero elogi a quello spirito di sacrificio per il bene comune. Del resto il minatore sovietico Stakanov non è diventato una icona per dimostare la superiorità del sistema socialista? Nessuna nostalgia, ci mancherebbe altro. Ma siamo certi che entrando in un ufficio pubblico, oppure tra lavoratori garantiti non ci viene mai il sospetto che quel lavoro si potrebbe fare meglio e più produttivamente? È duro ammetterlo, ma gli italiani hanno perso quello spirito di sacrificio che animò i nostri padri. Se vedete un negozio aperto in orari impossibili pensate sia gestito da italiani? Mai. E quanta indolenza in certi uffici, dove il cliente contribuente è solo un rompiscatole. Dove ci sono cartelli che invitano a non avere fretta, a non disturbare il lavoratore stanco. Certo non generalizziamo. Ma se la situazione è grave, se c'è una massa di senza lavoro è proprio una pazzia chiedere ai garantiti un maggior impegno? Se ne potrebbe discutere. Magari ricordando a chi è al sicuro che un piccolo sacrificio potrebbe farlo pensando a quanti invece di certo hanno solo la precarietà. Invece chiedere di lavorare e di impegnarsi un po' di più è vietato. I sindacati protestano, i partiti a caccia di voti scrollano le spalle come davanti a un folle. Forse Polillo chiede l'impossibile e l'inopportuno, ma non sono forse più pericolosi quegli uomini che dal governo incitavano alla secessione o chi pensa che si possa uscire dall'euro?