Non fallire e non far lire
L'Europa ha bisogno di riscoprire una massima di Keynes che l'economista Paul Krugman ricorda nel suo ultimo saggio End this depression now!:«È nel momento del boom, non della crisi, che serve l'austerità». L'esatto contrario di quel che sta accadendo nel Vecchio Continente per volontà della Germania. Ecco perchè Mario Monti ha davanti un'impresa disperata: convincere Angela Merkel a varare misure urgenti per frenare la corsa dello spread e ridare fiato a paesi come Italia e Spagna che pagano tassi stellari sul debito, mentre sono in corso azioni di risanamento pesanti per i contribuenti e recessive per l'economia. In questo scenario iperbolico e pericoloso per i nostri risparmi, i partiti che sostengono il governo hanno ricominciato il gioco del cerino. Berlusconi fa l'elastico con Palazzo Chigi, dichiara di voler tornare in campo, vuole liquidare il suo partito e farne un altro, tiene sul tavolo la cartuccia del voto anticipato ma sa che se Monti crolla, l'Armageddon sui mercati è assicurato e la colpa sarà tutta sua. Bersani cerca di tenere insieme la baracca (Monti) e i burattini (la voglia di far cadere il professore e incassare la vittoria), Pier Ferdinando Casini tesse la tela della lunga marcia del governo dei tecnici e lavora per un bis di Monti sostenuto da una grande coalizione con dentro anche i politici. Nessuno dei tre progetti converge, ma una cosa è certa: né Berlusconi né Bersani possono permettersi un tracollo del Paese provocato dalle elezioni anticipate. In uno scenario di recessione galoppante, l'idea di una grande coalizione resta la meno traumatica per i cittadini. La crisi di liquidità dello Stato (traduzione: non si pagano gli stipendi pubblici) che si era manifestata l'autunno scorso è sempre dietro l'angolo, non è l'ora dell'avventura. Berlusconi lasci perdere le «pazze idee» e ritrovi un po' di pragmatismo, Bersani contenga le pulsioni dei suoi descamisados, Casini rischi di più ed esca dal guscio minoritario. È l'ora della responsabilità:Monti non può esser lasciato a combattere in Europa come se fosse un figlio di nessuno. Attenti, cari partitanti. L'Italia è too big to fail, troppo grande per fallire, ma è anche troppo debole e carica di debiti per tornare a far lire.