Razzo talebano uccide carabiniere
Manuele Braj era istruttore della polizia afghana ad Adraskan
Unattacco premeditato contro la base di Adraskan dove operano i carabinieri del «Police speciality training team». La terra afghana si bagna ancora del sangue italiano: è rimasto vittima dell'attacco talebano il carabiniere scelto Manuele Braj, 30 anni di Galatina in provincia di Lecce, effettivo al 13° Rgt. «Friuli-Venezia Giulia», lascia la moglie di 28 anni e un figlio di 8 mesi. Altri due militari dell'Arma, Dario Cristinelli ed Emiliano Asta, rispettivamente effettivi alla seconda brigata mobile di Livorno e al settimo reggimento Trentino Alto Adige, sono ricoverati all'ospedale militare americano di Shindand. I tre carabinieri si aggiungono alla lista delle 51 vittime e delle decine di feriti italiani in oltre 10 anni di presenza nel Paese asiatico. L'esplosione si è verificata alle 8,50 - le 6,20 italiane - ad Adraskan, nell'Afghanistan occidentale, nel locale campo di addestramento della Polizia afghana, e ha interessato una garitta di osservazione installata nei pressi della linea di tiro del poligono, coinvolgendo tre militari dell'Arma dei Carabinieri appartenenti al Police Speciality Training Team (Pstt). I talebani, come il loro portavoce Qari Muhammad Ahmadi, ha rivendicato in serata, hanno sparato un unico colpo con un lanciarazzi da 107 mm, una delle armi pesanti in dotazioni alla guerriglia e residuato della guerra contro l'Armata rossa. «Manuele è stato colpito in modo vigliacco - è stato l'immediato commento del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola - Stava addestrando le truppe afghane contro il terrorismo. Questo era il suo lavoro, la sua missione: permettere a quel Paese di difendersi da solo. Ed il terrorismo lo ha ucciso, proprio per impedire la nascita di un Afghanistan libero e democratico». Da giorni gli «insorgenti» avevano preso di mira la base di Adraskan. La sera del 19 giugno un razzo del medesimo tipo è stato esploso contro la base sorvolandola e finendo a cinque chilometri di distanza dal perimetro. Quindi hanno calcolato meglio le coordinate e ieri mattina il colpo mortale. Il portavoce del contingente italiano, il colonnello Francesco Tirino,ha dato i dettagli dell'attacco: «è stato un razzo lanciato da fuori che ha impattato nei pressi della garitta ed è esploso», uccidendo il militare. Ipotesi confermata dal team di specialisti che hanno effettuato i rilievi nella base. Per la polizia locale, però, all'interno del campo di Adraskan non c'è «alcun segno di attentato». Il portavoce Raouf Ahmadi si è spinto più avanti azzardando che la morte del giovane militare sarebbe stata causata «dall'esplosione accidentale di una granata all'interno della garitta di osservazione». Tesi contraddetta dai pezzi e frammenti del razzo rinvenuti nella zona dello scoppio e puntualmente documentati e repertati dal team di specialisti intervenuto sul luogo dell'attacco. I carabinieri, considerati in ambito Nato i migliori istruttori, hanno «diplomato» oltre diecimila nuovi agenti dell'Afghan National Civil Order Police il corpo della Gendarmeria afghana che ha caratteristiche di «robust police» e ricalca l'organizzazione dei reparti mobili dei carabinieri. Attualmente sono in essere 10 corsi addestrative per un totale di 751 allievi frequentatori. Si tratta di 14 settimane di addestramento articolato su numerose materie: diritto, armi e tiro, topografia, controllo della folla, check points, tecniche investigative e contrasto della minaccia degli ordigni improvvisati, oltre a guida di ogni genere di veicoli e attività di combattimento. Immediata la reazione del mondo istituzionale e della politica, che ha condannato quanto accaduto ad Adraskan. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato un messaggio di «affettuosa vicinanza e della più sincera partecipazione» alla moglie e al figlio del carabiniere ucciso. Cordoglio espresso anche dal presidente del Consiglio, Mario Monti, che ha augurato anche «una pronta guarigione ai due carabinieri rimasti feriti» e ha sottolineato che «il nostro paese sta facendo uno sforzo molto grande» a sostegno «della stabilità e della sicurezza contro il terrorismo internazionale». Per il presidente del Senato, Renato Schifani, l'Italia «ha pagato un prezzo altissimo» per la tutela «della democrazia e della libertà in Afghanistan». Il comandante generale dell'Arma, generale Leonardo Gallitelli, si è recato a Collepasso, nel Salento, dai genitori di Manuele Braj. Il comandante, accompagnato dal sindaco di Collepasso, Paolo Menozzi, e dai vertici locali dell'Arma, ha abbracciato i genitori del militare, Santo e Anna, e la giovane moglie 28enne, Federica. A loro ha espresso il cordoglio dell'Arma e parole di conforto. Non poteva mancare il solito stupidario dei politici che a ogni vittima chiedono il ritiro dei nostri soldati. Da Storace a Di Pietro è un coro stonato che invita alla fuga. Certamente la missione in Afghanistan ha perso la sua connotazione di «pace» ma incitare al «rompete le righe» non è dignitoso principalmente per la memoria di quei giovani morti per garantire la ricostruzione dell'Afghanistan e dei tanti giovani in divisa che portano sul loro corpo i segni indelebili del sacrificio compiuto in terra afghana e con il loro esempio tengono alto l'onore del Tricolore.