Pier si schiera. Salutare lezione per il Pdl
Il centro sbanda a sinistra. Questa potrebbe essere la brutale sintesi dell’annuncio di Pier Ferdinando Casini di allearsi con «i progressisti» (leggere alla voce Bersani e Vendola) in vista delle elezioni. Il fuoco incrociato è partito un secondo dopo. Ma non risolve il problema: cosa ne sarà dei conservatori italiani? Il futuro di un blocco sociale che è maggioranza nel Paese e più che mai in cerca di una rappresentanza credibile, è ancora tutto da scrivere. E la mossa di Casini in realtà potrebbe essere un’occasione da cogliere. Provo a spiegare perché. Casini è il leader di un partito che fino a poco tempo fa aveva coltivato l’idea di costruire un Terzo Polo, capace di attrarre i voti degli elettori delusi dal Pdl e dal Pd. Ma le prove tecniche con Fini e Rutelli sono state deludenti. I risultati delle elezioni amministrative hanno imposto a Pier un cambio di rotta. Una lieve correzione in realtà, perché questo è sempre stato il proiettile d’oro pronto all’uso nella cartucciera di Casini. E chi lo critica per la sua alleanza con il Partito Popolare in Europa e la sinistra hollandista di Bersani in Italia, purtroppo ha le polveri bagnate. Il Pdl ha offerto a Casini straordinari argomenti per giustificare la sua scelta: un percorso più che accidentato verso il postberlusconismo, una linea di stop and go sul sostegno al governo Monti, un progetto di scomposizione del Pdl che è una pietra tombale sull’idea di «riunire i moderati» e, dulcis in fundo, le esternazioni «no euro» del Cavaliere, un inseguimento del grillismo che allontana il Pdl dal centro della scena per scagliarlo verso l’ignoto. Con queste premesse, Casini ha ora gioco facile a presentare la sua scelta come quella della «responsabilità». Pier sarà un ottimo manovratore delle operazioni nel centrosinistra «devastizzato» (Di Pietro così è out), ma la sua scelta di campo libera uno spazio politico potenziale proprio dove lui ha navigato in questi anni: il centro. È lo spazio ideale per un partito conservatore forte, ben costruito, democratico, con una leadership rinnovata, aperto alla competizione che non ha paura di abbattere gli stereotipi della destra italiana. In questo momento quel partito non esiste, ma c’è un’esperienza, quella del Pdl, che deve essere salvata, rinnovata e rilanciata. Non è un’operazione-predellino, ma un progetto politico di medio periodo che prevede la sconfitta, la traversata nel deserto e la rinascita. I conservatori inglesi di David Cameron hanno dovuto aspettare più di un decennio prima di rimettersi in pista. Avevano la Thatcher, poi hanno sbagliato tutto con John Major e sono stati messi in quarantena nel 1997 dalla straordinaria leadership del laburista Tony Blair durata fino al 2007. Blair è uscito dalla scena politica a 54 anni. Il coraggio è quello di accettare la fine di un ciclo e farsi da parte.