Bersani snobba la sfida di Renzi
Il sindaco con gli amministratori a Firenze: «Siamo la maggioranza del Pd» Il segretario a Roma: «Le primarie? Ora abbiamo altro da fare, c'è l'Italia»
Coni due sfidanti che si punzecchiano, si lanciano battute e sguardi, mostrano i muscoli. Lo scopo è tenere alta la tensione fino al momento in cui si troveranno nuovamente faccia a faccia. Sul ring. Non si sa ancora quando Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi si affronteranno nella sfida finale. Non si sa ancora se si affronteranno. Il sindaco di Firenze, infatti, non scioglierà la riserva fino a quando non ci saranno una data e delle regole. Che devono essere quelle «valse per le primarie svolte finora» e devono permettergli di «correre alla pari». Fino a a quel momento sarà guerra di nervi. Con il segretario del Pd che non ha alcuna intenzione di concedere vantaggi al possibile avversario. Così ieri, mentre Matteo celebrava a Firenze il suo Big Bang con amministratori locali provenienti da tutta Italia, a Roma Pier Luigi ascoltava e parlava ad una platea di segretari dei circoli Democratici. In Toscana si trasmetteva il videomessaggio di Fernando Ferioli, sindaco di Finale Emilia (Mo), uno dei paesi più colpiti dal sisma. A Roma «rispondevano» con la presenza di Licia Spinelli, segretaria del circolo di San Felice sul Panaro (Mo), un altro dei comuni terremotati. E se Renzi parla di rinnovamento della classe dirigente del Pd, ecco che sul palco della Fiera di Roma sale Alessando De Nicola di Camerata Picena (An), 17 anni. Per lui applausi e l'abbraccio di Bersani. Dal suo intervento arriva quello che il segretario del Pd indica come titolo dell'assemblea: «Noi siamo senza padroni». «Non ne abbiamo ad Arcore - rilancia Pier Luigi -, a via Bellerio o su Internet». Un frecciatina al sindaco di Firenze che non disdegna visite ad Arcore e usa con una certa dimestichezza gli strumenti informatici? Forse. Di certo c'è che nel suo intervento Bersani non ha mai citato Renzi preferendo «sparare» su un obiettivo più sicuro: Silvio Berlusconi. Che ha irriso per la volontà di tornare in campo («Guarda che dopo la cura di 10 anni non ci hai lasciato più neanche il campo, trattieniti»). Alla fine il suo è stato più che altro un discorso da candidato premier in pectore. Che non teme la sfida perché l'ha già vinta e, quindi, può permettersi il lusso di snobbare l'avversario. E anche di giocare un po' al gatto con il topo. Come quando, parlando di primarie, Pier Luigi ha spiegato che «saranno aperte e saranno un importante, grande appuntamento». Ma non c'è fretta: «Ora abbiamo altro da fare, c'è l'Italia. Ho indicato il percorso ma ora davanti ci sono mesi, c'è tutto il tempo». Il che non vuol dire che verranno annullate o, peggio ancora, si trasformeranno in un regolamento di conti all'ultimo sangue. «Finché ci sono io - ha assicurato -, garantisco, non saranno mai una rissa. Sulle primarie ho sentito dei dubbi, ma può succedere che le fa la destra e noi non le facciamo? Almeno per difendere il copyright...». Dal canto suo il sindaco di Firenze, dopo aver chiamato l'applauso per il segretario, ha ostentato sicurezza dicendosi pronto alla sfida. Anche perché, ha spiegato, la sua squadra, quella degli amministratori riuniti a Firenze e non solo, è «già maggioranza nel Pd, nel centrosinistra». E poi lui piace al centrodestra, che non è «un delitto, ma l'unica condizione che abbiamo per non perdere le elezioni». Quindi, premesso che alle primarie «ci sarà qualcuno di noi», sappia Bersani che in caso di sconfitta, Renzi e i suoi si metteranno a servizio di chi ha vinto. «E mi auguro - ha aggiunto - che se perdono loro faranno lo stesso». Per il resto il primo cittadino ha "giocato" con Mary Poppins («Lo schiocco delle dita per risolvere i problemi non riesce a nessuno») e la foto di Dick Fosbury («il primo uomo che saltò in alto scavalcando l'asticella con la schiena e per questo venne insultato»); con la Polaroid («vogliamo cambiare macchina fotografica») e con le canzoni dei Righeira (L'estate sta finendo) e degli Europe (The final countdown). Quelle che si ascoltavano nel 1987 quando alcuni nomi illustri del Pd entravano in Parlamento per rimanervi fino ad oggi. «Vogliamo cambiare idee, forme e facce - ha spiegato rilanciando la sua sfida rottamatrice -. E cambiare facce significa scegliere qualcuno più bravo di te. Cari D'Alema, Veltroni, Bindi e Marini, avete fatto molto, adesso anche basta. L'Italia si può servire anche senza restare necessariamente attaccati alla poltrona». Da Roma Bersani ha risposto spiegando che «in Parlamento ci vogliono gruppi con alcune competenze», lasciando intendere che, anche stavolta, ci saranno eccezioni alla regola dei tre mandati elettorali consecutivi prevista dallo statuto del partito. La sfida è appena iniziata e c'è attesa per il prossimo appuntamento. Per sicurezza Renzi ha già comunicato che, 15 prima della data delle primarie, radunerà i suoi alla Stazione Leopolda di Firenze. Il segretario ha tutto il tempo per organizzare la controprogrammazione.