Caltagirone: Monti non deve cadere
Sì all'attuale esecutivo fino al 2013, ma solo se è in condizione di governare
L'editoree costruttore romano ha spiegato che «l'Italia si è data un esecutivo tecnico per fronteggiare la crisi con provvedimenti impopolari. Ma per tutti i partiti, tranne il Pdl, il governo Monti è stato anche il modo per sostituire Berlusconi. Il premier ha avuto 3-4 mesi di grazia, ma invece di presentare un pacchetto globale che scontentasse subito tutti, ha seguito la politica del carciofo». Insomma il giudizio sull'operato complessivo del premier Monti resta in sospeso ma è chiaro per ora non sembra esserci alternativa così Caltagirone, sottolinea anche che a suo avviso «è bene che il governo duri fino al 2013. Se è in grado di governare. Diversamente, il Paese non può restare 10 mesi nel limbo». Venature polemiche sono arrivate per il decreto che più interessa direttamente le imprese. Quello per la crescita, fatto di «misure giuste» ma di «risorse insufficienti». Poi il consiglio alla politica italiana. I partiti sono «costretti a essere responsabili se vogliono salvare se stessi. L'intera classe dirigente pubblica, di cui i partiti sono la punta visibile, ha perso ogni credibilità: aveva costruito il consenso sulla spesa e ora non ha più denaro da distribuire. E così fiorisce Grillo, un nuovo Masaniello». Non è mancato nel pensiero di Caltagirone il riferimento alla situazione in cui versa l'Europa e l'euro con la possibilità che questo possa deflagrare. «L'Italia - spiega il costruttore - potrà restare nella moneta unica e onorare i suoi impegni di debitore, com'è auspicabile, solo se si allentano i vincoli della Merkel». Ed è proprio verso Berlino che parte l'affondo. Alla Germania, precisa, «non interessa un'Italia riformata né un'Italia fuori dall'euro. Ci preferisce sospesi sull'orlo del burrone. Il giochino l'abbiamo capito: siccome privatizzando la stazione di Gallarate incasseremo poco, ci chiederanno Eni, Enel e le altre grandi aziende pubbliche». Un concorrente azzoppato può perdere la forza per difendere i suoi gioielli». Per Caltagirone «le grandissime imprese a controllo pubblico hanno gestioni manageriali. Vanno bene così. Un altro conto sono le ex municipalizzate intrise di clientelismo partitico o i beni che lo Stato non è stato capace di gestire». L'imprenditore interviene anche sugli investimenti in Generali, di cui è vicepresidente, e in particolare sulla sfiducia a Giovanni Perissinotto ex ceo group. «Il consiglio avvertiva l'urgenza di un cambio di passo - spiega -, non l'avrebbe rinnovato nel 2013». «Potendo ingaggiare adesso un manager di livello come Greco, non avrebbe avuto senso lasciare le Generali in stand by per 8-9 mesi».