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Gianni Di Capua Studia Luigi Lusi.

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Nona Rebibbia dove l'ex tesoriere della Margherita ha trascorso in isolamento la sua prima giornata da detenuto. Una notte in cui il sonno è stato poco. Difficile dormire quando nella mente si rincorrono i pensieri e le preoccupazioni. Soprattutto per i quattro figli. Soprattutto per la più piccola, una bambina. Eppure Lusi continua ad apparire sereno e tranquillo. «Riesce a controllare le sue emozioni» spiega chi ha avuto modo di incontrarlo. Ed è con questa tranquillità che il senatore si sta preparando a rispondere alle domande dei magistrati. «Dirò tutto e darò le prove», ripete con insistenza. Parole che fanno immediamente sorgere domande: cosa dirà? Perché finora ha taciuto? Domande che spingono Beppe Grillo ha lanciare la sua ennesima provocazione. «Spero che Luisi parli con i pm - scrive sul proprio blog il comico genovese - e lo faccia al più presto senza tralasciare alcun dettaglio. Pisciotta e Sindona, e forse anche Don Verzè, insegnano che un caffè corretto in carcere non manca mai». L'ex tesoriere custode di segreti così pericolosi da mettere a repentaglio la sua incolumità? Chissà. Di certo c'è che nei giorni precedenti la decisione con cui l'Aula del Senato ha deciso di dare il via libera al suo arresto, Lusi ha più volte detto di avere tantissime cose da raccontare. Confessando poi, di temere per la propria vita e per quella dei suoi famigliari. Domani pomeriggio sarà il momento giusto per vuotare il sacco. Nell'attesa si studiano le carte. Uniche parentesi, nella ripetitività della vita dietro le sbarre, la visita, ieri, di Angiolo Marroni, garante dei detenuti del Lazio, e un confronto spirituale con il cappellano al quale ha confidato di essere stato trattato bene nelle prime ore di detenzione in isolamento. Poi ancora il tempo per rileggere le carte dell'inchiesta che lo accusano di associazione per delinquere finalizzate all'appropriazione indebita. Il senatore ha ripassato in rassegna, e continuerà a farlo, i vari provvedimenti che hanno scandito le fasi dell'indagine: dalle prime segnalazioni di flussi anomali sui conti della Margherita fatte nel dicembre scorso dalla Banca d'Italia alla richiesta di arresto arrivata il 3 maggio scorso con ordinanza del gip Simonetta D'Alessandro. Ed è proprio con il giudice per le indagini preliminari che l'ex tesoriere, accusato di aver depredato le casse Dl per oltre 25 milioni di euro, domani si confronterà alla presenza dei suoi avvocati, Luca Petrucci e Renato Archidiacono, e del pm Stefano Pesci, titolare dell'inchiesta. Secondo quanto si è appreso l'ex tesoriere ha intenzione di sottoporsi all'interrogatorio e non fornirà memoriali bensì «un'accurata e dettagliata, nonché definitiva, versione della vicenda finanziaria del partito dicendo tutto ciò che sa e suffragando i fatti che riferirà con prove e carte». E mentre Lusi si prepara a raccontare agli inquirenti «la marea di cose» che dice di sapere, la sua vicenda continua a far discutere la politica. In particolare il Pdl che, con la scelta di uscire dall'Aula e non votare la richiesta d'arresto ha in qualche modo fatto un passo indietro rispetto alla sua «vocazione garantista». Così, all'interno del partito, si alzano voci di dissenso. «Non ho mai votato per l'arresto di nessuno - spiega intervistato dalla Stampa l'ex presidente del Senato Marcello Pera che, mercoledì, ha votato in dissenso dal proprio gruppo -, sono contrario alla carcerazione preventiva. Il Pdl ha definitivamente perso l'identità di quella che era Forza Italia». «Alcuni colleghi - ribadisce più tardi ai microfoni di Tgcom24 - hanno sentito la fifa blu del grillismo. Avrebbero votato, con ipocrisia, come Pd e Idv. Non è questa la cultura e il partito in cui mi sono riconosciuto per anni». Sulla stessa lunghezza d'onda il collega Marcello Dell'Utri che, ospite di Agorà su Rai Tre, rilancia: «Ho votato contro l'arresto, in opposizione alle indicazioni del partito. A me è sembrata una decisione politica. Non la discuto, ma è una decisione disumana e basta». E se Giuseppe Saro spiega che «in questi partiti centralizzati, dove decidono in pochi, non c'è libertà di coscienza», il leader di Grande Sud Gianfranco Micciché è durissimo: «Mi vergogno di aver fatto parte di un partito che fugge quando c'è da fare una scelta così importante». Il deputato Pdl Alfonso Papa, sa bene cosa significa finire in carcere essendo stato l'ultimo parlamentare per cui è stato autorizzato l'arresto, così, davanti alla decisione di Palazzo Madama non può che rivivere il proprio dramma, e commentare: «Lusi è un capro espiatorio dato in pasto all'antipolitica».

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