Ormai non ci crede più nessuno.
Quelledelle quali è lastricata la via dell'inferno. È successo anche al G20 di Los Cabos in Messico che ha vissuto in diretta le elezioni greche senza partorire null'altro che un invito ai partiti vincitori a formare un governo velocemente e un niet, da parte della Merkel, a qualunque ipotesi di rinegoziazione degli accordi presi per il salvataggio di Atene. Ieri l'ennesimo ultimatum è arrivato da Mario Monti che sempre dal Messico ha spiegato che restano solo dieci giorni per salvare l'euro e rilanciare la crescita. I prossimi giorni infatti saranno cruciali per prendere le «decisioni» in vista del vertice Ue di fine mese con un «importante percorso di avvicinamento» che farà anche tappa a Roma, con il quadrilaterale con la Merkel, Hollande e Rajoy, in programma venerdì. Bisogna rilanciare la crescita perché - ha spiegato il Professore - i problemi «dell'Europa sono seri». Ma non sono «l'unico motivo di squilibrio dell'economia mondiale», ha rimarcato sottolineando che a Los Cabos è «emersa, come doveva emergere la consapevolezza» che l'Ue non è il solo problema, l'unica fonte del contagio. C'è anche, come ricordato da tutti compreso Barack Obama, il nodo dello squilibrio di bilancio Usa, che però - ha spiegato - è stato meno alla ribalta di Los Cabos apparendo come un tema non altrettanto stringente di quello europeo. In Europa comunque «siamo proiettati verso una maggiore organizzazione per una risposta alla crisi ed una maggiore integrazione». Una risposta - è la posizione italiana che Monti ha detto essere stata al centro anche del suo intervento al G20 - che passi per «un forte rilancio della crescita ma non a scapito degli equilibri di bilancio». Crescita da perseguire con un rilancio della domanda più incentrato sugli investimenti che sui consumi, ha ribadito il premier italiano tornando sul suo cavallo di battaglia: «Più spazio agli investimenti pubblici» per i quali Roma punta allo scorporo dal computo del deficit. Secondo il Financial Times Monti ha lanciato anche l'idea di consentire al fondo salva-Stati europeo, finora usato per fare prestiti ai Paesi in difficoltà, di comprare i loro titoli di Stato sul mercato. Le parole del presidente francese Hollande fanno pensare a una posizione comune a quella di Roma: gli spread di Italia e Spagna sono «inaccettabili» e «dobbiamo mostrare una capacità di intervenire molto più veloce». Il comunicato finale del G20 messicano viene incontro alle ragioni di Roma e Parigi, e fa passi avanti parlando di un «piano d'azione coordinato» per la crescita, anche se l'assenza di dettagli lascia ampio spazio di manovra all'Europa. Certo la Merkel è tornata a Berlino senza essere apparentemente arretrata sulla sua posizione: i leader europei s'impegnano «a muovere speditamente verso misure per la crescita», ma «mantenendo il fermo impegno a realizzare un consolidamento fiscale che va valutato su base strutturale». Un compromesso che rivela tutte le difficoltà e le divisioni sulla ricetta migliore per portare l'Eurozona fuori dalla crisi del debito e dalla recessione, e rimuovere i rischi globali posti dal Vecchio Continente che minacciano la rielezione di Barack Obama. Sfumato l'incontro di lunedì, il presidente Usa ha visto ieri i leader di Bruxelles assieme al premier italiano Mario Monti e a quello britannico David Cameron, alla Merkel, al presidente francese Francois Hollande e al premier spagnolo Mariano Rajoy.