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Il risultato del voto greco, con la vittoria dei partiti pro euro, oltre a rassicurare i mercati, ha avuto tra i suoi effetti quello di riportare a più miti consigli i governanti teutonici.

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Ela volontà di mettere da parte un'inutile e controproducente austerità forzata è stata confermata dai leader dell'Eurogruppo che ieri in serata hanno siglato una dichiarazione congiunta dopo la conference call successiva alla chiusura delle urne. «Il popolo greco ha compiuto sforzi considerevoli e gli verrà dato sostegno nel processo di aggiustamento del bilancio» hanno scritto i capi di governo dell'Ue. La speranza dell'Europa è quella di una «formazione veloce» di un nuovo governo greco: solo successivamente la Troika tornerà ad Atene per valutare i progressi fatti nella ristrutturazione dei conti. Insomma tutti d'accordo sul fatto che far uscire la Grecia dall'euro sarebbe stato un disastro senza precedenti. Anche Berlino ha capito che il prezzo sociale da fare pagare ai paesi periferici era troppo elevato. Così non a caso la prima dichiarazione arrivata ieri, appena l'esito elettorale ha dato una prima indicazione, è stata del ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle: «La Germania è pronta a dare alla Grecia più tempo per portare avanti le riforme e raggiungere gli obiettivi su cui si è impegnata». Una dilazione. La parola magica che consente ad Atene di respirare e di arrivare sì allo stato richiesto da Bruxelles ma in un tempo congruo. Senza imporre una cura da cavallo che uccida anche il cavallo. Certo l'austerity di facciata resta. «Non ci saranno sostanziali cambiamenti negli impegni chiesti. Non possiamo accettare che gli accordi presi vengano dichiarati nulli» ha concluso Westerwelle. Un cambio di strategia e di toni quasi sospetto. Dopo gli affondi verbali e la durezza della Merkel e dei suoi paladini del rigore qualcosa è cambiato. Berlino ha fiutato che la cuccagna stava per finire. Giocando sull'effetto paura e sulla solidità del Bund più che come investimento finanziario come strumento di protezione assicurativo contro la crisi, lo Stato tedesco si è finanziato negli ultimi mesi a tassi prossimi allo zero. Le ultime aste dei titoli germanici, vista la richiesta hanno dato rendimenti risibili, quasi negativi. Un fatto straordinario. Sì perché nella finanza quella vera la massima è che «il capitale deve rendere sempre. E tanto». Non era possibile per i manuali di finanza che continuasse in questo modo. E infatti qualcosa ha cominciato a cambiare. La Germania ha collocato quattro giorni fa titoli decennali all'1,52%, in leggero aumento rispetto all'1,47% di metà  maggio. I mercati hanno chiesto di più. Poco di più. Ma è stato il primo segnale che qualcosa nel gioco dei flussi di capitale non tornava più. La fine dell'incertezza greca è anche la fine del tasso zero concesso ai tedeschi dalla finanza internazionale. Da oggi si potrebbe aprire un nuovo capitolo anche per l'Italia e soprattutto per il suo spread che ha condizionato le ultime scelte dei governi italiani. La vendita di Bund tedeschi, finita la paura, potrebbe portare i rendimenti più in alto e, di conseguenza, si ridurrebbe la forchetta con il Btp italiano. Si tornerebbe al giusto rendimento dei bond tricolori con contestuale ripresa delle quotazioni delle banche che sui Btp in pancia contano per quantificare il patrimonio di vigilanza, quello richiesto dalla direttiva Basilea 3. Lo spread elevato li aveva deprezzati e obbligato le banche italiane a costose ricapitalizzazioni su mercati poco generosi nel sottoscriverli. Ora l'impasse potrebbe finire. Così la Germania disponibile a concessioni è anche il frutto dei flussi finanziari che si muovono senza problemi tra gli stati e che, finora, hanno deciso la migliore allocazione sotto la spada di Damocle della rottura dell'euro. Che per ora non è scampato ma solo rinviato. Ma questo riporta comunque un po' d'ordine tra i valori. A dire che l'euro ha guadagnato un po' di tempo è stata Barclay Capital a New York: «L'uscita dall'euro della Grecia è meno probabile. La coalizione guidata da Nea Dimokratia è in linea con una riduzione delle probabilità di un'uscita della Grecia». E la moneta unica ha risposto subito bene alla prova dei mercati. Su quello australiano, il primo ad aprire ieri notte, l'euro ha toccato 1,2730 dollari, ai massimi dal 22 maggio La divisa europea aveva pagato a caro prezzo l'incertezza ed i timori sul voto greco, perdendo il 4,8% sullo yen ed il 3,4% contro il dollaro dal precedente turno elettorale del 6 maggio scorso, fino a scendere a 1,228 dollari lo scorso primo giugno, il livello più basso dal luglio 2010. Oggi saranno i mercati Ue a dire la loro. Il segno positivo è quello più certo.

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