Gianni Di Capua Sindacati uniti in piazza per chiedere un'inversione di rotta, una «nuova agenda» politica ed economica su lavoro, crescita, welfare (esodati in testa) e fisco (a partire dalla riduzione delle tasse su lavoratori dipendenti e
Perché,sostengono, anche le riforme in campo, quella del lavoro compresa, non danno le risposte necessarie. Il governo respinge le accuse ed il premier Mario Monti spinge proprio sul ddl lavoro chiedendone l'approvazione entro fine giugno. Gli replica la Cgil: «La nuova legge aumenterà conflitto sociale e incertezza delle persone». Al di là delle schermaglie sulla riforma Fornero i sindacati si dicono convinti che l'uscita dalla crisi sia possibile attraverso un'unica via: basta annunci (e «bugie»), il governo deve agire. «Di annunci si può anche morire», avverte il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, parlando dal palco in piazza del Popolo a Roma, dopo il corteo che attraversa il centro della capitale. «Siamo 200 mila», dicono gli stessi organizzatori. E, in coro, i leader di Cgil, Cisl e Uil avvisano il governo Monti: «Risposte» e «nuova agenda subito» o «torneremo presto in piazza». A scandire l'ultimatum sono tutti e tre, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti. Le loro parole sono del tutto assonanti, perché, assicurano, «non ci rassegniamo». «La verità è che chi ci governa non sta facendo tutto quello che è necessario e utile per far sì che questo Paese esca dalla crisi», è l'affondo di Angeletti al «governo dei tecnici, dei professori» che, invece, «deve fare»: «A forza di annunci sulla crescita, su piani faraonici, siamo precipitati nella recessione». Di annunci ne abbiamo «sentiti troppi in questi mesi», attacca Camusso: il punto è che «non servono cose roboanti, servono cose concrete». Bonanni accusa il governo anche di aver messo da parte la concertazione: «Senza confronto, senza concertazione le lobby fanno quello che vogliono e i poteri forti e le loro forme di giornali e tv fanno oscuramento delle emergenze sociali» Ma, assicura, «faremo resistenza a questo modo di procedere. Continueremo la nostra battaglia». Il leader della Cisl chiede, quindi, dialogo ed equità. Manifesto della mobilitazione (che mercoledì 20 proseguirà con quella unitaria dei sindacati dei pensionati) è l'articolo uno della Costituzione: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Il problema, invece, è che oggi «si sta distruggendo il lavoro», dice Angeletti. Di qui la richiesta, unanime, di un «cambiamento dell'agenda politica: senza non ci sono prospettive per il Paese», avverte ancora Camusso. Bisogna ripartire dall'occupazione (le riforme, a partire da pensioni e lavoro, «non hanno cambiato la condizione delle persone, anzi in molti casi l'hanno peggiorata») e dalla crescita. E il fisco «non è un modo di fare cassa». Mentre sugli esodati bisogna smetterla con le «bugie», le «chiacchiere», dicono ancora i tre leader, suggerendo al governo ed in particolare al ministro del Welfare, Elsa Fornero, di approntare una norma che consenta a tutta la platea interessata (oltre i 65 mila salvaguardati) di andare in pensione con le vecchie regole. «Ci vuole subito, non fra qualche mese, un'altra politica economica», ora «iniqua» e con troppo «rigore», continua Camusso. Che si rivolge anche al ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, perché dia risposte alle crisi aziendali. Insomma, quello di ieri «è solo l'inizio. Nelle prossime settimane proclameremo altre iniziative di mobilitazione», assicura Angeletti, così come Bonanni e Camusso, chiudendo i rispettivi interventi dal palco della manifestazione. Una manifestazione aperta con l'inno di Mameli e chiusa con l'Internazionale.