Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

La Grecia va al voto Europa e Usa con il fiato sospeso

default_image

Testa a testa tra sinistra e Nd. Il piano di aiuti dovrà comunque essere rinegoziato

  • a
  • a
  • a

Nell'eradella crisi globale le elezioni di oggi ad Atene condizionano il futuro economico delle Nazioni dall'Europa all'America. Se il voto premierà il partito di sinistra di Alexis Tsipras l'uscita del Paese dall'euro appare agli osservatori internazionali come un fatto inevitabile. Con conseguenze drammatiche per tutto il vecchio Continente. Che ovviamente si ripercuoterebbero anche sugli Stati Uniti. Situazione un po' più incoraggiante se le urne premieranno invece Antonis Samaras, leader di Nuova Democrazia. Ed è per questo che ieri è stato un incrociarsi di «avvertimenti» ai cittadini greci da parte dei leader europei. «È importante che le elezioni preferibilmente portino a un risultato per cui quelli incaricati i formare un nuovo governo dicano "sì, rispetteremo gli impegni"» ha spiegato Angela Maerkel nella conferenza dei Democratici che si è svolta ieri nello Stato dell'Assia. E le elezioni sono state anche al centro di una telefonata tra la Cancelliera e il presidente francese Francois Hollande, durante la quale si è discusso del G20 e del prossimo consiglio europeo del 28 giugno. Ma per molti analisti, qualunque sarà l'esito delle elezioni di oggi sarà inevitabile una rinegoziazione del piano di aiuti da 130 miliardi di euro per la Grecia del Fondo monetario internazionale e dell'Unione europea. Finora il Fmi e l'Ue hanno ribadito la necessità che Atene rispetti gli impegni assunti lo scorso marzo. Ma da lunedì dovranno comunque tornare a trattare con il governo greco, che è già in ritardo rispetto al piano. Gli analisti hanno sottolineato che sarà sicuramente più facile trattare con il partito conservatore di Nuova democrazia (Nd), qualora dovesse imporsi alle urne, dal momento che il suo leader, Antonis Samaras, si è già impegnato a rispettare il piano. Ma gli ultimi sondaggi danno Nd testa a testa con la sinistra radicale di Alexis Tsipras, che negli ultimi giorni di campagna elettorale ha cominciato a chiedere una revisione del programma dopo aver sostenuto per settimane di volerlo stracciare. Qualsiasi compromesso costringerà l'Europa a scegliere tra il rischio di un'uscita della Grecia dall'euro e un'indulgenza che potrebbe apparire condiscendenza. «La questione è sapere se il nuovo governo vorrà negoziare in buona fede e se l'Unione europea vorrà continuare ad aiutare – ha sottolineato l'ex economista del Fondo monetario internazionale Simon Johnson, ora docente al Mit – Il Fmi farà quello che potrà, ma cominciano ad essere a corto di opzioni». Ma che la situazione non lasci spazio all'ottimismo lo conferma anche la notizia che Carrefour, la seconda catena al mondo nel settore della grande distribuzione dopo la statunitense Walmart, ha annunciato venerdì che sta per abbandonare il mercato ellenico, vendendo la propria rete di supermercati ad un partner commerciale greco, la famiglia Marinopoulos. I supermercati della catena Carrefour in Grecia sono circa 800 e il costo dell'operazione, per la famiglia Marinopoulos, si aggira sui 220 milioni di euro, anche se i dettagli dell'operazione non sono noti. Secondo il Wall Street Journal, la mossa di vendere il marchio Carrefour a un investitore locale – l'unico che avrà la gestione e il diritto al marchio – è «una prova concreta dell'interruzione dei legami con la Grecia da parte degli investitori stranieri, nel mezzo di un'economia che si contrae pesantemente e delle turbolenze politiche». Per quanto riguarda l'Italia le nostre banche sono pronte a gestire le turbolenze e gli effetti negativi del voto ma non sono previste unità di crisi domani o riunioni speciali come sembra stia accadendo negli istituti americani e inglesi. Nelle banche italiane, infatti, i sistemi di recovery esistono già e scatterebbero in automatico. E più in generale nel sistema italiano ed europeo si nutre una maggior fiducia nell'esito del voto greco. Che comunque è fortemente in bilico. Gli indecisi sarebbero infatti ancora 700 mila. I sondaggi - non ufficiali - danno i conservatori di Nea Demokratia e la sinistra radicale del Syriza impegnati in un testa a testa, con il 30% circa delle preferenze ciascuno: un aumento deciso rispetto al voto di un mese fa ma insufficiente per una maggioranza assoluta e ottenuto a spese degli altri partiti che andrebbero a far parte di una ipotetica coalizione, i socialisti del Pasok nel campo pro-europeo o le altre formazioni favorevoli a un più ampio negoziato del piano di salvataggio. In gioco rimangono al momento 90 miliardi di euro, quelli che Atene dovrà ricevere di qui al 2015 pena la bancarotta e il fallimento dei duri sacrifici fin qui sopportati: fondi il cui versamento è stato al momento sospeso, in attesa di un verdetto elettorale che renda la situazione più chiara per tutti. Le urne oggi apriranno alle 6 italiane per chiudere alle 18 (sempre ora italiana). Immediata l'uscita degli exit poll mentre i primi risultati parziali sono attesi per le 20,30.

Dai blog