Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Passa il ddl corruzione Ma il Pdl si divide

default_image

Vota a favore meno della metà del Popolo della Libertà Cicchitto: «Pronti a modificarlo a Palazzo Madama»

  • a
  • a
  • a

Chesarà molto travagliato, basta guardare i risultati della votazione di ieri a Montecitorio: appena 354 deputati si sono espressi in maniera favorevole, una delle maggioranze più basse ottenute dal governo Monti. Passando in rassegna poi l'elenco nel dettaglio si capisce ancora meglio quale sia la forza politica che meno ha digerito il nuovo ordinamento disegnato dal ministro Severino. È tra il Pdl, infatti, che si contano le defezioni più numerose: 2 contrari, 38 astenuti, 11 in missione e 58 assenti, tra cui il segretario Alfano e il presidente Berlusconi. In pratica, su 210 deputati ben 109 hanno «disubbidito» alla linea ufficiale del partito. Troppi per pensare a semplici distinguo o assenze fisiologiche: tra i pidiellini il malcontento nei confronti del governo, e nello specifico verso il provvedimento in questione, cresce ogni giorno di più. Strano, però. Almeno a sentire le dichiarazioni della vicepresidente dei deputati Pdl Jole Santelli: «È una grande riforma voluta dal governo Berlusconi, peccato solo per la parte penale che avrebbe dovuto essere approfondita meglio». Posizione che in tanti non condividono. Apartire da Isabella Bertolini, che guida l'associazione «Per un'altra Italia» e, con altri sette deputati, ha deciso di astenersi. Per arrivare al capogruppo Fabrizio Cicchitto, che vota sì turandosi il naso e non fa nulla per nasconderlo: «Faremo di tutto in Senato per cambiare il ddl anticorruzione sulla nuova concussione e sul traffico di influenze», annuncia. Prima di mettere sul piatto della bilancia anche la sopravvivenza dell'emendamento Pini sulla responsabilità civile dei magistrati, atteso anch'esso al Senato: «Il governo non ci sottoponga emendamenti su questo tema, magari con la questione di fiducia. Non la voteremmo». È questo dibattito aspro a mettere in dubbio l'approvazione dell'intera legge. Perché le eventuali modifiche al Senato costringerebbo il ddl a tornare nuovamente alla Camera. Con l'estate di mezzo e le Politiche del 2013 che incombono, il rischio di binario morto si fa concreto: «Spero di essere smentito ma temo che il disegno di legge anticorruzione non sarà approvato prima della fine della legislatura», ha ammesso il presidente della Camera Fini. A rischio la legge, a rischio anche l'articolo 10, quello che delega al governo il compito di redigere una legge per sancire l'incandidabilità dei condannati con sentenze definitive per reati gravi. E questo nonostante un ordine del giorno approvato all'unanimità che restringe il tempo di azione dell'esecutivo dai 12 mesi previsti mercoledì a soli quattro. Non sono solo questi, però, gli aspetti del provvedimento giudicati controversi dai partiti. Nel mirino è finito anche il traffico di influenze, giudicato troppo generico e ambiguo. In mattinata aveva fatto scalpore l'intervento di Gianfranco Micciché (Grande Sud): «Se un imprenditore non riesce a ottenere 10mila euro di mutuo per la sua azienda - aveva attaccato - io ogni giorno tento di influenzare il direttore di quella banca. Se un disoccupato del sud non viene assunto, io ogni giorno tento di influenzare il datore di lavoro per farlo assumere. Con questa legge e con le intercettazioni, io ed i deputati del Grande Sud saremo matematicamente indagati». Una materia su cui poi il ministro Severino ha tentato di fare chiarezza: «Abbiamo ricevuto una delega anche per disciplinare il lobbysmo - ha spiegato - perché viene considerato legale in molti paesi d'Europa e a questi noi ci uniformeremo. La differenza tra il traffico di influenze e la semplice raccomandazione sta nel passaggio dei soldi. Se per raccomandare una persona chiedo di essere pagato, c'è reato. In caso contrario, no». Sul tavolo resta anche la questione della cosiddetta norma «salva-Penati», attraverso la quale verrebbe prescritto uno dei capi d'accusa ai danni dell'ex vicepresidente regionale lombardo del Pd. Su questo punto il Pdl ha già promesso battaglia al Senato: «In questo modo Penati gode di una legge ad personam - ha accusato Cicchitto - e questo non può essere tollerato». Assai più positivi i commenti dagli altri partiti che sostengono la maggioranza. «Questa legge si deve fare - ha detto il leader dell'Udc Casini - e deve entrare in vigore subito l'incandidabilità dei condannati. Bloccarla sarebbe un atto di perfetto autolesionismo politico e mi auguro che il Pdl non voglia prendere questa strada. Sarebbe autolesionismo nei confronti del Pdl stesso». «Si poteva fare meglio - ha detto invece Franceschini, capogruppo Pd alla Camera, nel corso del suo intervvento - ma è già una rivoluzione discutere di pene più o meno forti con gli stessi numeri che, durante il governo Berlusconi, sostenevano processo breve e leggi ad personam». Alla fine della giornata, tocca proprio al Guardasigilli Severino tirare le fila della situazione: «Ipartiti hanno dimostrato grande maturità accordandoci la fiducia. Abbiamo tenuto aperta la porta del dialogo sino a quando è stato possibile. Ovviamente la legge è perfettibile, come tutte, e siamo aperti a modifiche al Senato». A sentire i pidiellini Napoli («Il ddl è l'anticamera della giustizia sommaria») e Bernini («la prossima volta non siamo disposti a votare turandoci al massimo»), il cammino dell'anticorruzione si presenta tutt'altro che in discesa.Car. Sol.

Dai blog