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Fuori i condannati Ma solo dal 2018

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«Sì» alle tre fiducie sul ddl corruzione L'incandidabilità rischia il binario morto

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Perchétutto il pacchetto di norme del ddl corruzione, approvate ieri dalla Camera a larghissima maggioranza, rischia di vedere la luce in un futuro tutt'altro che prossimo. L'esempio più lampante riguarda l'articolo 10. Quello che delega al governo il compito di scrivere entro 12 mesi una legge che sancisca l'incandiabilità di tutti coloro abbiano subìto condanne definitive per reati gravi (mafia e terrorismo) o contro la pubblica amministrazione. Ebbene, proprio l'eccessivo tempo concesso all'esecutivo - 12 mesi rispetto ai 9 «emendati» in commissione e ai 6 ipotizzati dai più ottimisti - farà probabilmente scivolare il provvedimento oltre le Politiche del 2013. In parole povere, il Parlamento sbarrerà le porte ai pregiudicati - compresi quelli che hanno patteggiato in sede di giudizio - solo dalle elezioni del 2018. Poco convincenti sono state le parole del ministro della Pubblica amministrazione Patroni Griffi («il Governo è in grado di esercitare la delega a partire dal giorno successivo all'approvazione della legge») e di quello della Giustizia Severino («un anno è il termine massimo, faremo prima»). Tanto che, nelle dichiarazioni che hanno preceduto la «chiama», i distinguo si sono sprecati. I deputati di Fli non hanno partecipato al voto rivendicando la necessità di un regolamento che entrasse in vigore da subito, quelli di Pd e Udc hanno sottolineato i difetti del testo accontentandosi però del «meglio che niente». Durissima l'opposizione, ben rappresentata dall'Idv di Di Pietro: «Sono molto scettico sui propositi del governo - ha detto l'ex magistrato - perché non ho mai visto un tacchino farsi la festa da solo». Alla fine, comunque, i sì sono stati 461, 75 i no e 7 gli astenuti. Qualcuno tra Pdl e Pd ha disubbidito agli ordini di partito, ma la maggioranza ha retto egregiamente. Non meno plebiscitarie e cariche di polemiche sono state le approvazioni degli altri due articoli sottoposti a voto di fiducia.Innanzitutto il 13 che, tra le altre cose, introduce il reato di traffico di influenze: chi si avvale di relazioni con pubblici ufficiali o con incaricati di pubblico servizio e indebitamente fa dare o promettere, a sè o altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da 1 a 3 anni. La norma che più ha fatto discutere, però, è quella che contiene la nuova concussione per induzione: verranno puniti sia il pubblico ufficiale e l'incaricato di pubblico servizio (da 3 a 8 anni), sia il privato che dà o promette utilità (fino a 3 anni). Il Pdl ha ribattezzato questo articolo il «salva-Penati», perché ridurrebbe a dieci gli anni dopo i quali scatta la prescrizione per il reato contestato all'ex vicepresidente Pd del Consiglio regionale lombardo. «Se fosse vero questa norma non passerebbe al Senato», ha ammonito il capogruppo del Pdl a Palazzo Madama Maurizio Gasparri. «È solo un modo per fare polemica - ha risposto il capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - Penati è prescritto già con le norme attuali». Non che fosse questo l'unico motivo di scontro: «Speriamo che al Senato la legge subisca importanti modifiche - ha detto Fabrizio Cicchitto - specialmente nella parte sul traffico di influenze, che è poco chiara». Lo stesso ministro Severino ha aperto a possibili emendamenti («a meno che non portino via troppo tempo»). Una procedura che poi dovrà far ritornare tutto il ddl alla Camera aumentando il rischio che, a pochi mesi dalla fine della legislatura, la legge finisca su un binario morto. Dopo le 19 è arrivata anche la terza fiducia, quella richiesta sull'articolo 14. Hanno votato in favore 430 deputati, 70 i contrari, 25 gli astenuti. La norma in questione introduce la corruzione tra privati. Sono puniti infatti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo o omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, violano i testi della società. Il governo così supera l'esame, incassa la 24ª fiducia dall'entrata in carica e il ministro Severino può plaudire al «grandissimo senso di responsabilità della maggioranza». «I distinguo in questi casi ci sono sempre - ha proseguito il Guardasigilli - ogni atteggiamento è lecito e può avere una sua giustificazione. L'importante è trovare la strada centrale e tenere ben saldo il timone al centro. L'importante, insomma, è varare un provvedimento che abbia una sua logica interna e mi pare che per il ddl anticorruzione sia così» Oggi ci sarà il voto finale su tutto il ddl con le dichiarazioni dei partiti alle 12 e la prima chiama fissata alle 13. Una procedura «accelerata» per permettere ai deputati fuori sede di far ritorno a casa e guardare in tv la partita della Nazionale agli Europei. Così, pur di far presto, al termine dei voti di fiducia i parlamentari sono rimasti alla Camera per esaminare gli articoli dal 15 al 20 fino a tarda sera. Dopo giorni di durissime polemiche nel merito, almeno su questo si sono trovati tutti d'accordo.

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