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Fekter la sconosciuta che le spara grosse

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Austria Il ministro professionista della gaffe Ma le sue scivolate ora costano miliardi ai mercati

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Ilministro delle finanze austriaco, Maria Fekter, che con le sue dichiarazioni sulla possibilità che «a causa degli alti tassi che deve pagare, Roma potrebbe chiedere un aiuto esterno» stava per far deflagrare l'euro, non sembra brillare per la chiarezza delle sue idee. Dopo aver fatto traballare il mercato finanziario ha fatto retromarcia: «Non ritengo che l'Italia abbia bisogno di un salvataggio» ha spiegato in un'intervista televisiva. Ma nessuno le ha ricordato che nel novembre dello scorso anno spiegò che «l'Italia è un Paese troppo grande e sa che non può chiedere un aiuto esterno». Insomma la confusione in casa Fekter regna sovrana. E nessuno dei consiglieri le ha ancora suggerito la regola aurea per non innervosire i mercati. E cioè tacere sempre e parlare solo quando la sicurezza è assoluta. Così per una volta gli italiani possono rincuorarsi. I loro politici non hanno molto da invidiare anche agli omologhi dei paesi considerati esempi. Maria Fekter, classe 1956, sposata e con un figlio, è nata ad Attnag-Puchehim nel nord dell'Austria, ha una laurea in giurisprudenza all'università di Linz e un master in business administration. Nel suo curriculum le esperienze professionali si fermano alla conduzione dell'azienda di famiglia specializzata nelle settore delle betoniere. Un'esperienza iniziata nel 1982 e conclusa nel 2007. La manager affianca al lavoro infatti la scalata politica nelle file del partito Popolare (Ovp) che comincia nel 1986 come membro del consiglio comunale del paese natale e che la porta agli onori dei grandi incarichi ministeriali. Responsabile degli Interni dal 2008 al 2011 e delle Finanza a partire dal 21 aprile dello stesso anno. Di lei si conosceva poco fino a qualche giorno ma nel suo paese la stima nelle sue capacità non sembra essere tra le più alte. Un editoriale del quotidiano Der Standard la descrive come «una donna che dice di basare la sua politica su una serie di valori chiari, ordinata e diligente, cattolica e conservatrice, pragmatica e parsimoniosa, non priva di attenzione a temi sociali per affrontare i quali è necessario però il presupposto del successo economico. Non priva di attenzione a temi sociali per affrontare i quali è necessario però il presupposto del successo economico. Basi che potrebbero rappresentare un contributo indispensabile al suo partito e alla politica austriaca in generale». A tradire la scarsa fiducia è il verbo al condizionale: «Potrebbe far questo, ma le sue carenze sono state finora troppo grandi». E infatti a frenare il suo cammino politico verso un futuro da statista sempre secondo lo Standard è la tendenza della Fekter a lasciarsi andare a dichiarazioni avventate, che già in passato hanno suscitato confusione e irritazione, non solo in Austria. Non è la prima volta che il ministro scivola sul terreno delicato della crisi finanziaria. Il 14 maggio si lanciò nella previsione delle procedure per l'uscita di Atene: «La Grecia dovrebbe prima uscire dall'Ue nel caso di un suo abbandono dell'euro. Poi la stessa Grecia dovrebbe poi rinegoziare un'eventuale reingresso nell'Unione». Parole al vento anche in quel caso. Con annesse però perdite miliardarie sui mercati. Insomma la bionda ministra ha una «tendenza a esternazioni roboanti ma controproducenti» ha concluso lo Standard «ma ben più pesante è il fatto che il ministro abbia in passato fatto promesse che poi non ha mantenuto: aveva escluso nuove tasse, ma poi è stata costretta a introdurre misure fiscali che hanno penalizzato proprio la clientela elettorale del suo partito». L'esperienza ministeriale non sembra averle suggerito maggiore prudenza: «La Fekter continua a fare il passo più lungo della gamba. In un clima di pensiero dominato da egoismi sociali, difesa di privilegi acquisiti, produttori di debito e tifosi di pensioni baby, è di enorme importanza collegare pensieri liberisti a una condotta decisa ma intelligente. E Fekter non è in grado di farlo». Bocciata nel suo paese. Bocciata dai mercati. Bocciata da Monti.

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