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La Rai spacca ancora il Pd

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Bersani: «Bene Monti ma noi non eleggiamo il Cda». Ex Ppi contrari: «No all'Aventino, chiediamo al governo di scegliere sette Garanti»

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Senessuno nei partiti maggiori ha da fare critiche sulle scelte di Mario Monti per le poltrone di direttore generale e di presidente della Rai, soffia forte invece il vento dell'insofferenza per il modo scelto dal governo per intervenire sui vertici di viale Mazzini. Il Pdl protesta per la sostituzione, con un autentico blitz, dei loro predecessori, il Pd, invece, spiega che non parteciperà alle nomine dei consiglieri (al Parlamento spetta l'indicazione dei membri) per protesta contro l'attuale legge. «Davanti a nomine di pertinenza del Governo credibili non faremo mancare il voto ma i partiti non devono partecipare alle nomine e quindi, per quanto riguarda i nostri, non li nominiamo – ha spiegato ieri mattina Pier Luigi Bersani – Noi abbiamo sempre detto che questo meccanismo di governance non funziona e non è in grado di reggere una prospettiva industriale». Una critica, neppure tanta velata, a Monti che non è ancora intervenuto per cambiare quella legge che i Democratici considerano sbagliata. Ma neppure su questo tema il Pd riesce a restare unito. Se infatti il segretario ha un atteggiamento di totale chiusura tutta la parte degli ex Popolari e dei prodiani spinge per un'altra linea: la nomina, da parte del Governo, al posto dei consiglieri, di sette garanti scelti tra gli alti ranghi dello Stato. In attesa di una riforma della legge. «Questo – spiega il senatore del Pd Lucio D'Ubaldo – eviterebbe al Pd di dover andare "sull'Aventino"». «Le procedure di Monti per la nomina dei nuovi vertici della Rai – prosegue – costituiscono l'anticipazione di una riforma dell'ordinamento del sistema radiotelevisivo e dunque del suo modello di gestione. A questo punto bisogna andare fino in fondo. Il Governo dovrebbe "suggerire" alla Commissione parlamentare di Vigilanza un elenco di sette garanti, magari individuati tra i ranghi dell'alta dirigenza dello Stato, da eleggere nell'organismo di gestione. Non si possono compiere atti straordinari, come ha fatto Monti, senza trarne tutte le necessarie conseguenze. Il Governo proceda dunque nel pieno delle sue responsabilità e competenze, aiutando il Parlamento a recuperare la funzione di indirizzo e controllo sulle grandi scelte strategiche, nonché le forze politiche a riconquistare una vitale libertà di giudizio sul funzionamento della più grande azienda culturale del Paese». Il Pdl, invece, pur non criticando le scelte di Monti, si schiera compatto a difesa dell'ex direttore generale Lorenza Lei. «I nomi che il presidente Monti ha fatto per la Rai sono ottimi, non abbiamo nulla da obiettare sul piano dei curriculum di ciascuno – commenta il segretario Angelino Alfano – Ci chiediamo solo perché sia stata sostituita Lorenza Lei che aveva ottenuto ottimi risultati aziendale ed un'azienda si misura per i risultati ottenuti». Sullo stesso tono il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi: «Le nomine di Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi per la guida della Rai mi sembrano ineccepibili dal punto di vista del curriculum. Quello che mi dispiace è la rimozione di Lorenza Lei, una grande professionista che ha lavorato bene in questi anni». Idee poco chiare all'interno di Futuro e Libertà. Da Gianfranco Fini è arrivato l'«apprezzamento per la qualità delle nomine Rai, personalità di alto livello manageriale che possiedono autonomia e indipendenza». Fabio Granata, invece, attacca a testa bassa: «Leggo di sobrie condivisioni e di moderati sostegni a figure come la Fornero e la Tarantola e mi chiedo: dove è finito lo spirito futurista? Fli per la Rai dovrebbe sognare e sostenere Santoro o Freccero, Piero Angela o Saviano. Siamo nati per cambiare l'Italia, non per normalizzarla. Su questo, come su altro, Della Vedova convochi il gruppo parlamentare e si discuta: non siamo ancora il partito di Monti». E sulla stessa linea anche Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera: «Anna Maria Tarantola, è persona autorevole e competente ma cosa c'azzecca Bankitalia con la Rai, prima azienda culturale italiana?». Pa. Zap.

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