Terremoto, Rai e partiti I volti dell'emergenza
Emergenza nazionale. È uno scenario che la storia ci ha presentato spesso. Il dopoguerra, il terrorismo, la crisi del sistema dei partiti negli anni Novanta, e oggi la resa della politica, l’ascesa della tecnocrazia e la guerra finanziaria. L’Italia è un Paese in eterna transizione, ma è chiaro che siamo entrati in una fase terminale: sta finendo il berlusconismo e con esso tutto ciò che si è giustificato con «l’anti-B». Non è un fatto banale, ma l’elemento di scontro (e blocco) degli ultimi diciotto anni di storia politica. Nel bel mezzo del guado, è arrivato un terremoto a mettere a dura prova la reattività del Paese. Il sisma in Emilia non è grave per il numero delle vittime o degli sfollati (incomparabile rispetto a tragedie come quella del Friuli) ma per la debolezza della politica e la scarsità di risorse disponibili per la ripresa. Per questo mi erano sembrate assurde e anacronistiche le posizioni di chi pretendeva un intervento solo della Protezione civile, escludendo altre istituzioni, in primis l’Esercito. Come avevamo auspicato ieri, il governo ha cambiato strategia e anche i militari saranno coinvolti. Il cambio di rotta è originato dai timori per altre scosse e nuove faglie, un pericolo letale. In ogni caso, il segnale è buono: il Paese si ricostruisce tutti insieme. È un passo avanti e bisogna prenderne atto. L’altro fatto della giornata riguarda la Rai, il pentolone della politica. Monti non ha concordato con i partiti la nomina del Presidente e del Direttore generale della Rai. E ha pescato i nomi dal mazzo che conosce, le banche. Ho letto le obiezioni alle nomine di Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi (Banca d’Italia e Bank of America):