Prodi attacca ancora Bersani: «Il suicidio del Pd non ha limiti»
Scontro L'ex premier critico sulle nomine alle Authority. Il segretario replica duro: «Abbiamo tutti una storia alle spalle, nessuno è innocente»
RomanoProdi sembra avere una ruggine personale con Pier Luigi Bersani. Ieri mattina l'ex premier ha preso di mira le nomine fatte per le Authority dal Parlamento, votate in gran parte anche dai Democratici. «La spinta al suicidio di questo partito non ha limiti», ha sibilato intervistato dal Corriere.it. Spiegando subito dopo, per chi non avesse ben compreso, che il suo messaggio era riferito ai vertici del Pd, o comunque «a chi ha avallato queste decisioni». Un attacco in puro stile «grillino». Ma quelle nomine sono in effetti una spina nel fianco del partito Democratico. E ieri durante la direzione contro quelle scelte si sono scagliati in molti. Duro Matteo Orfini: «Abbiamo fatto una figuraccia per assecondare un capriccio di corrente (Antonello Soro «imposto» da Dario Franceschini ndr) Per quel poco che so di genitore, se un bambino fa un capriccio prima gli si spiega che è un capriccio poi lo si mette in castigo. Noi gli abbiamo comprato un gelato. Avere accettato questo meccanismo è una solenne sciocchezza». Intrise di veleno le parole di Sandra Zampa, deputata Pd e portavoce del Professore, anche lei intervenuta durante la riunione della direzione: «Prodi è l'unico che non è seduto qui e ha lasciato la politica mentre qui vedo gran parte della seconda Repubblica e qualcuno anche della prima. È venuto il momento del rinnovamento». Parole che alla fine hanno fatto sbottare Bersani: «Ho sentito molte critiche oggi sulla nomine, tutte legittime ma raccomanderei che avessero un tono accettabile. Abbiamo una storia alle spalle su tutti questi temi e non c'è nessun innocente». Ma l'attacco di ieri di Prodi a Bersani non è il primo. Un mese fa l'ex premier aveva criticato il segretario del Pd sulla riforma della legge elettorale, tema sul quale i Democratici in questo momento sono particolarmente sensibili. E anche in quell'occasione non era stato particolarmente tenero. Arrivando a paragonare la riforma che ha in mente il segretario degna di un paese come la Grecia. «Come fa il mio amico Bersani a dire che vuole fare come Hollande, guardare ad alleanze di centro e di sinistra, con la legge elettorale che lui ha proposto e sostiene? Il modello tedesco ormai non regge più neppure in Germania. Le leggi elettorali non sono fatte per fotografare gli equilibri politici tra i partiti, servono per trasformare il voto dei cittadini in un progetto di governo».