Ora si cominciano a fare delle previsioni sul terremoto.
Èuna stima probabilistica, quella contenuta nel comunicato della Commissione Grandi Rischi diffuso ieri a Palazzo Chigi e secondo il quale «è significativa la probabilità che si attivi il segmento compreso tra Finale Emilia e Ferrara, con eventi paragonabili ai maggiori eventi registrati nella sequenza». Quasi certamente, la stima si basa sulle caratteristiche delle strutture sismogenetiche che hanno generato i terremoti in Emilia del 20 e 29 maggio e delle strutture adiacenti. Per comprendere la dinamica della struttura sono di grande aiuto le informazioni contenute nella banca dati delle sorgenti sismogenetiche DISS (Database of Individual Seismogenetic Sources) dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). «I dati più aggiornati di cui disponiamo suggeriscono che i terremoti del 20 nel Ferrarese e del 29 maggio nel Modenese sono avvenuti su due di queste strutture», ha osservato il sismologo Gianluca Valensise, dell'Ingv. «Queste strutture hanno tempi di ricarica millenari, perciò possiamo dire che con i due terremoti di maggio hanno rilasciato gran parte dell'energia che potevano rilasciare», rileva Valensise. Però, la stessa banca-dati mostra che molto vicina alle due strutture sismogenetiche e ad est di esse si trova una struttura silenziosa da secoli, ovvero nella quale non si sono verificati terremoti storici. Il terremoto al largo di Ravenna del 6 giugno cade all'estremità orientale di quest'ultima. È probabilmente a questa struttura che fa riferimento il comunicato della Commissione Grandi Rischi. Non si può escludere, ma non si può nemmeno affermare, che questa sorgente possa attivarsi. «I grandi terremoti possono anticipare il risveglio di grandi faglie adiacenti quasi pronte a dare a loro volta un terremoto - osserva Valensise - come verosimilmente è successo per la scossa del 20 nei confronti di quella del 29. Ma se questo non accade entro i primi giorni dal terremoto diventa sempre meno probabile con il passare del tempo». La storia insegna, tuttavia, che in alcuni casi le cose possono andare diversamente. Ad esempio, nel terremoto in Calabria del 1783, fra Gioia Tauro e Catanzaro, l'innesco avvenne a distanza di tre mesi. La nota ha scatentato una polemica, innescata dall'ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi: «Sarebbe bene che la Commissione Grandi Rischi facesse una precisazione». Importante il parere di un altro esperto del settore, il prof. Doriano Castaldini: «La maggior parte dei danni causati dai terremoti sono dovuti ai loro effetti secondari, quelli risultanti dalla propagazione delle onde sismiche dalla struttura sorgente. Essi risultano dal passaggio momentaneo delle onde sismiche e possono verificarsi su ampie estensioni territoriali causando danni diffusi». Lo ha detto Doriano Castaldini, docente di Geografia Fisica e Cartografia all'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia in occasione di una conferenza stampa organizzata oggi dall'ateneo. Secondo il docente, i danni dovuti a un terremoto dipendono, in ordine di importanza, dalla presenza di persone e opere dell'uomo, dal tipo di costruzioni, dal tipo e morfologia del terreno e dalla magnitudo e profondità del terremoto. «Gli effetti sull'ambiente di un terremoto - ha detto Castaldini - possono essere raggruppati in due categorie: primari e secondari. Gli effetti primari sono quelli relativi alle fagliazioni superficiali o faglie da terremoto, cioe' legati ai movimenti direttamente connessi alla faglia sismogenetica e limitati all'area di esposizione della faglia sismogenetica. Sono costituiti da scarpate, fratture, ecc., che generalmente si formano in occasione di forti terremoti, con magnitudo superiore a 5,5». Tuttavia, sarebbero gli effetti secondari i più dannosi: «Gli effetti sismoindotti più comuni possono essere ricondotti a fessurazioni del terreno (in terreno rigido, in sedimenti fini e/o in strade asfaltate), frane in aree montuose, fenomeni di liquefazione e compattazione del suolo, sollevamenti e abbassamenti, collassi del piano campagna, anomalie idrologiche».