Il pianto di Monti: «I poteri forti ci hanno abbandonato»
«Abbiamo perso il sostegno di Confindustria Potevamo fare di più ma siamo stati veloci»
Invideoconferenza a Palermo in occasione del 22° congresso dell'Acri, Monti si lascia andare a una dichiarazione esplicita. «Il mio governo e io abbiamo sicuramente perso in questi ultimi tempi l'appoggio che gli osservatori ci attribuivano, spesso colpevolizzandoci, dei cosiddetti poteri forti perchè non incontriamo favori in un grande quotidiano rappresentante e voce di potere forte e in Confindustria». Il doppio riferimento di Monti è, da una parte, all'editoriale del Corriere della Sera del 6 giugno a firma di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi dal titolo «La direzione è sbagliata» (i due economisti avevano criticato l'azione del governo in tema di liberalizzazioni e lavoro, dicendo che su questi due temi stati compiuti «passi indietro»); dall'altra, alle critiche del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che nello stesso giorno ha sollecitato il governo «a fare di più, a mettere più impegno nell'affrontare le debolezze del sistema, perché l'Italia sta perdendo terreno nei confronti di altri Paesi avanzati». A questa situazione preoccupante si aggiungono le conseguenze del terremoto in Emilia con 500 piccole e medie imprese a rischio. Non solo. Dure critiche sono arrivate anche dall'autorevole Financial Times, che non ha esitato a bocciare l'operato del governo visto che in Italia restano problemi irrisolti come «la burocrazia inestirpabile» e un esecutivo «litigioso». Per il quotidiano inglese Monti non è in grado di far fronte ai crescenti problemi di un Paese che resta «nelle mani di burocrati». Stretto nell'angolo, il premier ha ribadito che «senza dubbio avremmo potuto fare di più e meglio, ma molte riforme, ora scontate, sono state messe a punto con grande rapidità e incisività. Non lo considero un merito, ma era necessario che fossero infranti tabù intoccabili per decenni». Poi la critica alle imprese che «hanno sottovalutato gli effetti della riforma del lavoro di cui saranno i principali beneficiari». Il premier è poi tornato a sottolineare i buoni giudizi dati all'estero dalla riforma delle pensioni varata dal governo «che affronta in modo strutturale il sistema pensionistico». Ma ha anche ribadito che nonostante gli sforzi «i momenti difficili non sono purtroppo dietro le spalle». Monti a dispetto di tutte le critiche alla Germania, ha voluto spezzare una lancia a favore di Berlino che, ha detto, «ha tracciato una strada virtuosa». E questa direzione non può essere messa in discussione. Ma ha anche richiamato Berlino a considerare che «anche i Paesi virtuosi traggono vantaggio dall'essere parte della comunità». Poi una bacchettata alle istituzioni dell'Eurozona che «hanno troppe volte agito in modo tardivo miope e unidirezionale. Il rigore dei conti pubblici, lo dico a scanso di equivoci, non è in discussione». Il premier ha quindi rilanciato gli Eurobond. «È importante che questa proposta venga mantenuta sul tavolo, approfondita e non venga usata come elemento di divisione tra Paesi che devono dare prova di coesione». Quanto al rischio che l'Eurozona deflagri anche a causa della crisi delle banche, soprattutto quelle spagnole, Monti sollecita un'azione «rapida per spezzare il circolo vizioso fra vulnerabilità del settore bancario e crisi del debito sovrano». Sempre alludendo al problema delle banche spagnole, Monti affera che la ricapitalizzazione degli intermediari bancari andrebbe effettuata con «meccanismi che coinvolgano meno direttamente gli Stati membri con effetti sui loro debiti pubblici». Il presidente del Consiglio ha infine parlato di crescita sollecitando un intervento «rapido dell'Europa per politiche di aiuto allo sviluppo, in particolare per il nostro Paese, che in questi ultimi anni è cresciuto più lentamente rispetto ad altre economie». Il Capo del governo insiste sulla necessità di fare presto perché «senza politiche di sviluppo che accompagnino le politiche di rigore, soprattutto per l'Italia, gli effetti sociali della crisi rischiano di aggravarsi ulteriormente». L'Europa dovrebbe anche «valutare forme per incentivare al rientro dal debito pubblico eccessivo gli Stati che sono già impegnati nel consolidamento fiscale e hanno varato incisive riforme strutturali creando un complemento che renda più facilmente attuabili le disposizioni del Fiscal Compact». La crisi dell'Eurozona, incalza Monti, è «alimentata dalla mancanza di fiducia verso la tenuta della moneta unica». Il messaggio del premier è di fare presto. Il che significa non lasciare che anche il vertice di fine giugno si concluda senza risultati. «Nell'immediato bisogna dare manifestazione concreta della volontà di preservare la moneta unica e procedere sulla via dell'unione bancaria o come è preferibile definirla, unione finanziaria».