Il braccio di ferro continua.
«Arriverannoin una forma o nell'altra» dice il premier sottolineando però che «non è una licenza a spendere e appesantire gli altri ma uno sforzo per ricostruire l'unione monetaria su basi più solide». Quanto alla crisi greca il premier si dice convinto che Atene «resterà nell'Euro perché è nell'interesse dei cittadini». Ma il Cancelliere Angela Merkel mantiene la linea della fermezza sugli Eurobond e ieri nel corso di una riunione politica ha ribadito che «non li accetterà, in nessuna circostanza». No anche al salvataggio delle banche spagnole a carico dei Paesi dell'Eurozona. Quello che Berlino propone è l'intervento del Fondo salva Stati ma Madrid non è d'accordo e il ministro dell'Economia, Luis de Guindos, ha sottolineato che la Spagna può farcela da sola. Il premier Mariano Rajoy ha quindi chiesto per fronteggiare la crisi, l'istituzione di una nuova autorità di bilancio dell'Eurozona che armonizzi le politiche nazionali e gestisca i debiti dell'area. Si tratta di muoversi verso una maggiore integrazione, «trasferendo più sovranità, specialmente nel campo delle politiche di bilancio». Secondo stime del governo tedesco, le banche spagnole avrebbero bisogno di un'iniezione di denaro dell'ordine di 50 miliardi fino ad un massimo di 90 miliardi di euro. Nella settimana appena trascorsa la Spagna ha dovuto piazzare i suoi bond ad un interesse del 6,7%, praticamente analogo a quello che aveva indotto lo scorso anno Portogallo e Irlanda a far ricorso al fondo Efsf. Il nuovo fondo salva Stati permanente da 500 miliardi, dovrebbe partire il prossimo 9 luglio. Prima dell'entrata in vigore del nuovo firewall, i Parlamenti nazionali degli Stati membri devono approvarne gli stanziamenti. L'avvio vero e proprio è quindi legato all'esito del voto in Germania, dove i parlamentari sono chiamati ad esprimersi la prima settimana di luglio. Intanto la Commissione Ue accelera sulla direttiva salva-banche. Una bozza arriverà sul suo tavolo mercoledì prossimo. L'obiettivo è un rafforzamento dell'integrazione bancaria capace di far fronte alle crisi degli istituti di credito. Stefaan De Rynck, portavoce del commissario Ue al Mercato interno Michel Barnier ha però messo in chiaro che «non è uno strumento che serve a gestire la crisi che stanno attraversando alcuni istituti di credito in Europa». È invece un modo per «rafforzare la regolamentazione e la vigilanza del settore bancario; un elemento per la creazione di un'unione bancaria». La crisi viene seguita con attenzione dagli Stati Uniti. Ieri il presidente Barack Obama, nel tradizionale discorso del sabato, si è detto molto preoccupato per «per l'ombra che sta gettando» sull'economia americana. «Sappiamo che la ripresa non sarà facile e che ha bisogno di tempo», ma lavorando con unità si potrà riuscire e «torneremo ancora più forti». Con il suo intervento il presidente Usa ha voluto rispondere alle polemiche che, in piena campagna elettorale per la rielezione alla Casa Bianca, si sono sollevate a seguito della diffusione del dato della disoccupazione, schizzata a maggio all'8,2%. Obama ha riconosciuto che l'economia Usa non sta crescendo come sarebbe necessario e non sta creando posti di lavoro «velocemente come vorremmo». Poi ha invitato il Congresso ad agire per approvare una serie di leggi che a suo dire contribuirebbero a dare una spinta all'economia, evitando ulteriori licenziamenti. E la responsabilità del rallentamento dell'economia in parte è attribuibile all'Europa. «La crisi del debito in Europa costituisce una delle sfide che l'economia degli Stati Uniti affronta» ha detto Obama. Per la Grecia sono giorni di travaglio interno mentre si avvicina la data delle elezioni. Il quotidiano tedesco Bild caldeggia l'uscita dall'Euro come scelta inevitabile a causa della drammatica situazione. I greci, si legge nell'editoriale, stanno saccheggiando i loro conti in banca, le importazioni nel Paese non sono più garantite, sono sempre più frequenti le voci sulla ripresa della stampa della dracma e le forniture di energia non vengono più pagate. «La Grecia si sta sfaldando - scrive l'editorialista - A dispetto di come andranno le prossime elezioni, il business as usual non funzionerà più. Miliardi di aiuti europei potrebbero aiutare il Paese a sopravvivere un giorno o un mese, ma non possono portare quel rinnovamento di cui ha bisogno l'economia di Atene».