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Mediobanca lacerata tra intrighi di potere e nuovi assetti

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Enon da ultimo alla complicata partita per celebrare le nozze tra Fonsai e Unipol. Ma cosa è diventata Mediobanca dall'eredità di Enrico Cuccia? Nonostante si sia dotata di una banca (CheBanca)i suoi mestieri sono rimasti quelli di sempre: ovvero banca d'affari e gestione di partecipazioni azionarie. Addentrarsi nelle cifre è come percorrere un labirinto ma facendosi aiutare da R&S che fa capo a Mediobanca e che i dati li conosce bene, emerge che l'ultimo momento d'oro risale al 2007, quando capitalizzava 13 miliardi e 742 milioni di euro mentre a fine 2010 era arrivata a 5,6 miliardi, ora quota 2,52 miliardi. Per una banca d'affari è un momento difficile soprattutto da quando in Italia sono arrivate le merchant bank straniere. Quello che un tempo era il salotto buono della finanza italiana che decideva i destini delle aziende, decretandone morte o sopravvivenza, si è ridotto a una foresta pietrificata. Se si esclude Generali, il resto è poca cosa persino per il magro capitalismo italiano. Ecco i dati di R&S al 31 dicembre 2010: la quota Telco (Telecom Italia) 371 milioni, Gemina (Benetton) 200 milioni, Rcs (Corriere della Sera) 193 milioni, Pirelli 101 milioni, le cartiere Burgo 76 e via via scendendo. Generali era invece ancora a 2,419 miliardi. E un anno dopo tutte, tranne Pirelli, hanno perduto in media un terzo del loro valore. L'amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Nagel, aveva lanciato l'ipotesi di vendere ma non era andato oltre. L'utile di competenza degli azionisti superava il miliardo nel 2007, si è ridotto a zero con la crisi del biennio successivo, ha chiuso il 2010 con 263 milioni, passando dal 17,7 all'8 per cento del capitale netto. In queste condizioni la sovraesposizione ai debiti di Ligresti ha lanciato un campanello d'allarme. Mediobanca sta giocando la partita per il controllo di Fondiaria Sai, con un Ligresti alla deriva, per non dover svalutare il prestito da oltre un miliardo concesso alla compagnia fiorentina nel 2003 e poi rinnovato. C'è poi il gioco di sponda del Leone con Diego Della Valle nella vicenda Rcs Mediagroup, dove l'imprenditore marchigiano aspira a ricoprire un ruolo di primo piano. La quota del 3,9% che Generali ha nella casa editrice è stata messa in vendita e ciò potrebbe causare una nuova battaglia all'interno del patto dove nessuno ha voglia di spendere soldi per acquistare nuove azioni mentre Della Valle sarebbe pronto a raccoglierle. Nell'orbita Rcs ruota anche Intesa con Bazoli deciso a mantenere la barra sulle scelte decisive che riguardano il Corriere della Sera. L.D.P.

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