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Oggi si consumerà la resa dei conti tra l'amministratore delegato Giovanni Perissinotto e i consiglieri che hanno chiesto la sua testa sfiduciandolo.

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Ierisono volate parole grosse al limite dell'insulto e Perissinotto, stretto nell'angolo, ha ribadito che non intende dimettersi perchè le accuse che gli vengono rivolte sono infondate. La tensione è andata crescendo a cominciare da inizio giornata quando è stata resa nota la lettera che Perissinotto ha inviato ai consiglieri. Un'epistola al vetriolo che contiene accuse pesanti a Mediobanca che, dice, vuole mettere fine alla sua gestione perché d'intralcio al ruolo sistemico ambito da Piazzetta Cuccia. Perissinotto alza il velo sulle frizioni con il socio storico e mette a nudo gli interessi dei grandi azionisti. Il manager friulano contesta con forza i «diritti speciali» che Mediobanca ritiene di avere «sul destino di questo gruppo», si difende dalle accuse di scarsa performance della sua azione, «che condivido, ma che è legato alla nostra storica esposizione sul debito italiano». Contesta, poi, l'atteggiamento «del socio di riferimento, che ha ostacolato i vari tentativi del management Generali di diversificare il nostro rischio nelle aree del mondo a maggior crescita, alla luce della sua evidente indisponibilità a ricapitalizzarci». Infine Perissinotto mete il dito nella piaga: la tentata fusione tra Fonsai e Unipol sotto la regia di Mediobanca. «È chiaro che l'indipendenza del mio management ha provocato un irrazionale sospetto da parte del management Mediobanca, è evidente che l'errata convinzione che io abbia in qualche modo aiutato, o più precisamente non abbia esercitato la mia influenza per evitare transazioni che minacciano interessi vitali per Mediobanca, sia all'origine della mozione di sfiducia mossami quale ad di Generali». Chiaro il riferimento a un presunto ruolo delle Generali nell'intervento di Palladio in partita con Sator e contro il piano Unipol. Non solo. Perissinotto solleva anche «dubbi sulla visione strategica di questa operazione per la inquietante prova che non si può certo ignorare riguardante la salute finanziaria di quello che dovrebbe essere il salvatore». Quanto al possibile successore, Perissinotto non va tenero. «La sua scelta non potrà fare a meno di essere inquinata dal fatto che la sua nomina è dettata da logiche che prescindono da valutazioni di business». A scaldare il clima ci si è messo anche un articolo del Financial Times che mette in guardia dalla cacciata del ceo che «sarebbe un pessimo segnale ai mercati». Ma è una voce che cade nel vuoto. A stretto giro della lettera sono arrivate le repliche prima dell'ad di Unipol Cimbri e poi Leonardo Del Vecchio. Cimbri accusa Perissinotto di «ledere l'immagine e gli interessi di Unipol». Il numero uno della Luxottica mesi fa aveva già sollevato il problema dei risultati della gestione Perissinotto in una ruvida intervista al Corsera. Ma ieri è andato giù duro. Prima ha affermato che la lettera è la conferma che «da tempo il ceo è inadeguato a gestire le Generali». E questo era già dimostrato «dalla modestia dei risultati gestionali, dalla più che negativa percezione del mercato del suo operato e, più in generale, dalla totale mancanza di visione strategica. Invece di ammettere tutto ciò - attacca il presidente di Luxottica - e dare le dimissioni getta discredito sui consiglieri e sugli azionisti». Quanto alle accuse che i consiglieri sarebbero sotto «l'influenza speciale da parte di Mediobanca» è «tanto grave quanto infondata». Poi rivendica l'iniziativa di aver presentato a Mediobanca «insieme a Lorenzo Pellicioli l'urgenza del cambiamento ed Alberto Nagel ne ha convenuto». Quindi «non si tratta di una mozione di sfiducia di Mediobanca ma di una parte molto rilevante del Consiglio e dell'azionariato motivata esclusivamente da fatti aziendali inerenti alla compagnia». E non c'entra «nulla l'operazione Fonsai». Intanto in ambienti finanziari si fanno i conti sui voti. Nel cda su 17 consiglieri sarebbero 11-12 quelli favorevoli alla sostituzione dell'ad. Il fronte che oggi chiederà le dimissioni dell'ad è composto oltre che da Mediobanca e da Del Vecchio anche da De Agostini e Caltagirone. In serata Perissinotto ha ribattuto a tono alle accuse di Del Vecchio. «La compagnia è solida. In questi anni ha superato positivamente la crisi generata dai subprime grazie a una prudente politica di investimento e ora sta affrontando la crisi dei mercati». Poi la bordata: «Probabilmente il dottor Del Vecchio ha, dalla sua residenza credo all'estero, una visione del nostro Paese e della nostra compagnia lontana dalla realtà».

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