Bersani e Renzi si fanno la guerra sulle date
Il sindaco lancia un'iniziativa a Firenze, lo stesso giorno il segretario convoca i circoli
Il«forse» è d'obbligo trattandosi del sindaco di Firenze. Sempre in bilico tra rottamazione e timore di scendere in campo mettendo in gioco tutto. Ma l'impressione, oggi, è che sia finalmente arrivato il momento giusto. La «svolta» è legata ad un avvenimento piuttosto marginale. Negli ultimi anni, per uno strano gioco del fato, ogni volta che Renzi si è trovato ad organizzare una propria manifestazione, il segretario Pier Luigi Bersani, incurante del fair play che dovrebbe accompagnare i rapporti tra esponenti dello stesso partito, ha lanciato la «controprogrammazione». Anche quest'anno la regola è stata rispettata. Alcune giorni fa, infatti, il sindaco di Firenze aveva lanciato l'idea di un'assemblea con mille amministratori da tenere nella sua città. La data? Il 22 e 23 giugno. Ieri Bersani ha inviato una lettera per convocare a Roma tutti i 6000 segretari di circolo del Pd. Per quando? Ovviamente il 23 giugno. Una concomitanza quantomeno sospetta. Stavolta, però, Renzi non ha mantenuto il proprio appuntamento e, anzi, ha sfidato apertamente il segretario: «Trovo ridicolo continuare a giocare al "gatto e il topo" sulle date. Facciamo scegliere tutte le date a Bersani e poi noi faremo la nostra assemblea». «Siccome io non voglio litigare - ha proseguito -, né discutere, cambieremo la data. Vediamo se le casualità e le coincidenze finiranno e potremo tranquillamente fare un'assemblea. Non so più come fare: tutte le volte che si lancia un'iniziativa, dopo 15 giorni si scopre che il Pd nazionale ne fa un'altra, casualmente lo stesso giorno. Sono coincidenze. Cose che capitano». E ai giornalisti che gli chiedevano se era sua intenzione partecipare alla prossima direzione nazionale del partito, ha risposto: «Dipende, io di mestiere faccio il sindaco. Prima guardo i miei impegni da sindaco e poi ragionerò». Di certo a quella riunione ci saranno, armati di un ordine del giorno in cui chiedono primarie per la premiership ad ottobre, il gruppo di «quarantenni» e di «prodiani» capitanato da Giuseppe Civati. Il consigliere lombardo che, con Renzi, ha lanciato l'idea di rottamare la vecchia guardia democratica. E forse pensa a loro Renzi quando su Twitter scrive: «I quarantenni del Pd ci sono e hanno i numeri per cambiare l'Italia. Dobbiamo solo decidere se giochiamo o restiamo in panchina a lamentarci». Quasi una chiamata alle armi che, di certo, non ha fatto piacere a Bersani. Anche perché, giunti a questo punto, la guerra intestina al partito, unita alle pressioni esterne, rischia di fare una sola vittima certa: proprio il segretario. Infatti nella direzione, oltre a rispondere sulle primarie, Bersani dovrà fare i conti con la richiesta di 5 senatori Democratici (Follini, Cabras, Tonini, Morando e Giaretta) che spingono per aprire un confronto con il Pdl sul semipresidenzialismo. E se sul primo punto il segretario sembra intenzionato a rilanciare convocando primarie di coalizione a ottobre (che essendo "di coalizione" prevederebbero quindi un'unica candidatura Pd), sul secondo la posizione non è ancora chiara. Tutto questo mentre fuori da via del Nazareno, il «giornale-partito» Repubblica, insiste sulla linea di una lista civica che, affiancata ai Democratici, punti a recuperare i delusi di sinistra. Per il «fondatore» Eugenio Scalfari, intervistato dal Fatto Quotidiano, «una lista patrocinata da Saviano, ma non solo da lui, sarebbe il valore aggiunto che può decidere queste elezioni». Sarà, ma ve lo immaginate Bersani a Palazzo Chigi che governa con una maggioranza parlamentare fatta di Saviano, Scalfari, Renzi ecc.?