Quello che non ho? Voglia di candidarmi
No, grazie Montezemolo e Saviano smentiscono l'ipotesi di una loro discesa in campo nel 2013
Nonc'è niente di meglio di Lucio Battisti per fotografare l'attuale fase della politica nazionale. I partiti tradizionali sono in difficoltà, la maggioranza degli italiani si rifugia nell'astensionismo, le soluzioni latitano. Così si va alla ricerca del «salvatore» cui affidare le sorti del Paese. Le candidature si moltiplicano e con esse le smentite. Vere o presunte. Ieri ne sono arrivate due di un certo peso: Luca Cordero di Montezemolo e Roberto Saviano. In realtà c'è una differenza tra il presidente della Ferrari e l'autore di Gomorra. E non è estetica, né patrimoniale. Il secondo, infatti, ha sempre detto di non essere interessato alla politica rivendicando per sé il ruolo di scrittore. Ciò non ha evitato che, da mesi, il suo nome circoli come candidato di una lista civica nazionale da affiancare al Pd per disinnescare l'effetto Grillo e recuperare i voti dei delusi. E se Pier Luigi Bersani non sarebbe pregiudizialmente contrario all'idea, Saviano non ne vuole proprio sapere. Lo scrive nella sua rubrica, «L'Antitaliano», pubblicata sull'Espresso oggi in edicola e anticipata ieri sul sito del settimanale: «Mi capita spesso di leggere articoli che danno per certa la mia candidatura politica. Non è importante in quale ruolo e in quale partito, la cosa certa è, che dicono, "sto per candidarmi". Ovviamente è falso. È dal 2006 che, mentendo, annunciano la mia candidatura. Chi fa disinformazione, quando terminò Vieni via con me, dava per certa la mia candidatura. E ora che è finito Quello che (non) ho, spuntano notizie dello stesso tenore». «Il punto è - prosegue - che per queste persone, chiunque non venga percepito come schierato, fa paura e va delegittimato. Il messaggio implicito è: "Questo qui fa di tutto per ottenere consensi, perché il suo scopo è fare politica". (...) Il mio mestiere è quello di scrivere, ma non rinuncio alla possibilità di costruire un nuovo percorso in questo Paese. (...) Ridare dignità alle parole della politica è invece la premessa alla rinascita. Ripartire dalle parole significa costruire prassi diverse. Perché le parole sono azione». Quindi, nel pomeriggio, se ancora il messaggio non fosse chiaro, ribadisce il concetto: «Leggo sui giornali che tornano a girare voci su una mia probabile candidatura, questa volta con una lista civica. È un'ipotesi inesistente: non è la prima volta che il mio nome viene usato e strumentalizzato. Ripeto ciò che ho già detto in passato: la politica non è il mio mestiere. Sono uno scrittore e considero questo il mio impegno civile». Molto meno ufficiale, e proprio qui sta la differenza con l'autore di Gomorra, la smentita di Montezemolo. Da tempo il numero uno del Cavallino gioca con l'attesa che si è creata attorno ad una sua possibile discesa in campo. Lascia intravedere la candidatura, poi fa un passo indietro, poi torna sul proscenio. Intanto struttura la sua fondazione e si lascia corteggiare da Terzo Polo e Pdl. Ieri però, parlando con il Fatto Quotidiano, l'annuncio: «Nel 2013? Io non mi candido». Notizia rafforzata dal fatto che, durante l'intera giornata, non sono arrivate smentite. Mentre Italia Futura si è affrettata a chiarire che non c'è alcuna ipotesi di gruppi parlamentari che, in qualche modo, possano essere riconducibili alla fondazione montezemoliana. Sarà veramente la versione definitiva? Non è dato saperlo. Anche se da giorni si parla di sondaggi deludenti che bocciano un'eventuale candidatura-Montezemolo. Proprio per questo è cominciata a circolare l'idea che al suo posto corra un nome nuovo, magari un giovane. Nelle suggestioni di alcuni quel nome potrebbe essere Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze, un altro che sembra sempre ad un passo dalla discesa in campo, per ora è intenzionato a condurre la propria battaglia all'interno del Pd. Ma sarebbe di sicuro la persona giusta per guidare una nuova formazione moderata. C'è poi chi, probabilmente, vorrebbe volentieri misurarsi con le urne ma è costretto, suo malgrado, a rinunciare. È il caso di Beppe Grillo. Una vecchia condanna per omicidio colposo plurimo gli sbarra la strada del Parlamento dove lui stesso non vuole condannati. Così il comico genovese veste i panni del padre-padrone del Movimento 5 Stelle. E c'è molta curiosità su cosa accadrà qualora la sua «creatura» dovesse ottenere un successo alle Politiche. Giunti a questo punto, esclusa «l'eccezione» Grillo, viene da domandarsi come mai personalità di spicco che normalmente vengono indicate come possibili «Salvatori della Patria». Che passano il tempo a dire cosa bisognerebbe fare. A dare lezioni, morali e non, al mondo della politica, siano poi così spaventate dalla possibilità di «sporcarsi le mani». Forse è un atto di modestia. Forse pensano di essere più utile continuando a fare ciò che già fanno. O forse, semplicemente, è più semplice restare alla finestra a guardare a puntare il dito. Di certo, riprendendo il titolo dell'ultima fortunata trasmissione del duo Fazio-Saviano, quello che non hanno....è il coraggio di candidarsi.