Amicone: «Vogliono rendere odiosa l'immagine della Chiesa»
Dall'altra,la volontà di andare oltre il fango, ricordando - afferma Michele Zanzucchi, direttore del quindicinale dei Focolari Città Nuova - «che la Chiesa è composta da uomini e donne che sì peccano, ma soprattutto che si dedicano alla bellezza della via cristiana, al servizio dei poveri, alla ricerca della giustizia, al disinteresse personale nelle faccende ecclesiali». Il punto di vista dei movimenti oscilla tra queste due sensazioni. «Ci sono - afferma Amicone, misurando dalle lettere la temperatura dei lettori - un sacco di persone indignate veramente. Tutti si rendono conto che si tratta di un attacco al Papato in quanto tale. È evidente che con questi documenti si tenta di distorcere e di rendere odiosa l'immagine della Chiesa, di rendere particolarmente repellente l'immagine della Chiesa come un luogo di misteri occulti, di chissà quali perversità». Il punto, secondo Amicone, è un altro: «Non si vuole dare attenzione all'unico fatto oggettivo e gravissimo su cui si impiantano tutti i commenti. E cioè che è stata violata la residenza personale, l'archivio, le lettere private, tutto il materiale in possesso di un capo di Stato (tale è se non siamo credenti). Questo si chiama furto e probabilmente dovremmo dire con l'aggravante dello spionaggio. Questo materiale è stato rivenduto gratuitamente. Si tratta di ricettazione, di una refurtiva che è stata piazzata nel mercato editoriale italiano». Per Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova, il quindicinale del Movimento dei Focolari, c'è da andare «al di là delle questioni particolari». Emerge - dice - «il profondo malessere che si sta vivendo oltre le mura vaticane». Ma conclude: «Lasciamo ad altri districarsi in questa melassa di veleni e miasmi in cui è difficile capire quel che è vero e quel che è falso». Non perché «non interessano». Meglio - afferma - «non scavare nel fango, non aggiungere tossine a tossine». Perché comunque - conclude - «Ecclesia semper reformanda, la Chiesa è sempre da riformare, dice la tradizione. Oggi più che mai».