Il Papa mette in guardia dalla nuova Babele
Pietroper celebrare la Messa di Pentecoste, circondato da 90 tra cardinali e vescovi, per quella che è la solennità più importante dal punto di vista liturgico per la Chiesa dopo la Pasqua e il Natale. Nell'omelia Benedetto XVI, ancora una volta, non ha fatto alcun cenno diretto alla bufera che si è abbattuta sui Sacri Palazzi. Ma con lo sguardo teso ad abbracciare la Chiesa universale, ha detto parole che calzano a pennello anche alla situazione della Curia romana. «La Pentecoste è la festa dell'unione, della comprensione e della comunione umana - ha detto il Papa - Tutti possiamo constatare come nel nostro mondo, anche se siamo sempre più vicini l'uno all'altro con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e le distanze geografiche sembrano sparire, la comprensione e la comunione tra le persone è spesso superficiale e difficoltosa. Permangono squilibri che non di rado portano a conflitti; il dialogo tra le generazioni si fa faticoso e a volte prevale la contrapposizione; assistiamo a fatti quotidiani in cui ci sembra che gli uomini stiano diventando più aggressivi e più scontrosi; comprendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi. In questa situazione, possiamo veramente trovare e vivere quell'unità di cui abbiamo tanto bisogno?». È vero che l'invito all'unità è rivolto a tutti i cristiani. Ma come non cogliere in queste parole un richiamo perentorio a quanti collaborano più strettamente con il Pontefice alla guida della Chiesa? Se veramente dietro il «Vatileaks» c'è una guerra di potere ai più alti livelli curiali, Benedetto XVI ha mandato un messaggio chiaro: le ambizioni personali non possono andare a scapito dell'unità del governo della Chiesa intorno al Pontefice. Il Papa ha fatto riferimento al racconto biblico della torre di Babele ricordando che gli uomini «avevano perduto un elemento fondamentale dell'essere persone umane: la capacità di accordarsi, di capirsi e di operare insieme». Una situazione che non sembra discostarsi molto da quanto accade nel mondo attuale: «Con il progresso della scienza e della tecnica siamo arrivati al potere di dominare forze della natura, di manipolare gli elementi, di fabbricare esseri viventi, giungendo quasi fino allo stesso essere umano. In questa situazione, pregare Dio sembra qualcosa di sorpassato, di inutile - ha detto Benedetto XVI - Ma non ci accorgiamo che stiamo rivivendo la stessa esperienza di Babele. È vero, abbiamo moltiplicato le possibilità di comunicare, di avere informazioni, di trasmettere notizie, ma possiamo dire che è cresciuta la capacità di capirci o forse, paradossalmente, ci capiamo sempre meno? Tra gli uomini non sembra forse serpeggiare un senso di diffidenza, di sospetto, di timore reciproco, fino a diventare perfino pericolosi l'uno per l'altro?». Secondo il Papa, l'unica strada per superare le divisioni è una nuova Pentecoste, ritrovare «il dono dello Spirito di Dio». Facendo riferimento a un passo del vangelo di Giovanni, Benedetto XVI commenta che «Gesù ci spiega che cos'è la Chiesa e come essa debba vivere per essere se stessa, per essere il luogo dell'unità e della comunione nella Verità; ci dice che agire da cristiani significa non essere chiusi nel proprio "io", ma orientarsi verso il tutto; significa accogliere in se stessi la Chiesa tutta intera o, ancora meglio, lasciare interiormente che essa ci accolga». Unità e verità, il «leit motiv» del discorso papale che, con ogni probabilità, avrà creato più di qualche imbarazzo nelle alte sfere vaticane agitate dall'ultimo scandalo. «Dobbiamo vivere secondo lo Spirito di unità e di verità - ha concluso il Papa - e per questo dobbiamo pregare perché lo Spirito ci illumini e ci guidi a vincere il fascino di seguire nostre verità, e ad accogliere la verità di Cristo trasmessa nella Chiesa». Sarà una circostanza casuale, ma al momento della consacrazione, uno dei cardinali più vicini al Pontefice è stato proprio Salvatore De Giorgi, uno dei tre membri della Commissione presieduta dal card. Herranz per fare piena luce sulla fuga di documenti. All'uscita dalla Basilica e quando, poco dopo, si è affacciato per la recita del «Regina Coeli», il Papa è apparso più disteso e, tra l'altro, ha invitato i cristiani a diventare validi testimoni della fede nel mondo. Poi ha ricordato che «venerdì prossimo, primo giugno, mi recherò a Milano, dove avrà luogo il VII Incontro delle famiglie. Invito tutti a seguire questo evento e a pregare per la sua buona riuscita». Quel che è certo è che tra i fedeli, quelli presenti in piazza S. Pietro per la preghiera di mezzogiorno come quelli sparsi in tutto il mondo, la vicenda «Vatileaks» sta creando disagio, malessere, sconcerto e confusione. «Qui sta andando tutto a rotoli - è uno dei commenti raccolti ieri in piazza - La Chiesa cade a pezzi e neanche se ne accorgono. Troppi interessi in ballo. La spiritualità, la fede, stanno pian piano scomparendo in quelle mura». Quelle mura all'interno delle quali si sta dando la caccia ai complici di Paolo Gabriele ma che, è bene ricordarlo, sono le mura del Vaticano, non della Chiesa. Un'operazione di trasparenza all'interno della Curia è indispensabile per recuperare il danno inferto all'immagine del Vaticano. Sarà importante capire quali sono le motivazioni che hanno spinto il maggiordomo e i suoi presunti complici ad agire per poi fare piazza pulita. Senza dover necessariamente scomodare intrighi alla Borgia.