La rivolta della pancia del Pdl: «Cambiamo tutto o si muore»
Nella«pancia» del Pdl, tra i parlamentari lontani dai vertici del partito, lo sfaldarsi della creatura costruita da Berlusconi viene guardato con un misto di preoccupazione ma anche di liberazione. Preoccupazione perché quello che diventerà non lo ha chiaro ancora nessuno, liberazione perché in molti hanno fretta di gettarsi alle spalle il partito fatto dalle «damigelle» del Cavaliere, dalle frequentatrici di Arcore, catapultate dai salotti alla vetrina del Parlamento. La pancia che si agita è fatta da deputati e senatori che vivono a contatto con quello che in politica si chiama il territorio, con la gente. Quelli che in queste ultime elezioni hanno raccattato voti porta a porta, si sono fatti migliaia di chilometri e sei sette comizi al giorno. E che in qualche Regione – come nel Lazio – sono riusciti a resistere all'onda d'urto della sinistra e dei grillini. Sono loro quelli che vogliono cambiare. E a Berlusconi e Alfano mandano un messaggio chiaro: siamo arrivati a un punto di svolta, o cambiamo o lasciamo perdere tutto. C'è chi come Mario Baccini, deputato di lungo corso formatosi alla scuola della Dc rilancia l'idea di un congresso: «Facciamolo e vediamo chi è che trova i voti, chi è capace di portare qualcosa al Pdl. Di questo c'è bisogno». Per poi aggiungere scettico: «Ma ho idea che un congresso con un'elezione interna sia un concetto al quale molti in alto sono allergici...». Idea alla quale non è assolutamente allergico uno come Andrea Augello, senatore ed ex sottosegretario dell'ultimo governo Berlusconi, una delle teste pensanti più lucide del centrodestra. Come ha raccontato a «Il Foglio», a Berlusconi l'ha detto chiaro e tondo: «Ci vuole una totale rifondazione del centrodestra». Già, ma come farlo? «Io dico che bisogna azzerare tutta la classe dirigente e ricominciare da capo aggregando nuove forze». Magari anche con Angelino Alfano segretario – anche perché, ragionano i più maligni ma anche quelli più concreti, di alternative non ce ne sono – e con Berlusconi che però deve restare all'esterno, senza ruoli diretti. Vincenzo Piso, altro parlamentare del Pdl ed ex An, usa la parola che in molti vorrebbero vedere pronunciata dal Grande Capo: meritocrazia. «È di questo che c'è bisogno. Bisogna rompere con le logiche di corte e premiare chi in tutti questi anni ha lavorato duro per tenere in piedi tutta la baracca e ora è guardato come il vecchio che se ne deve andare. E il nuovo chi sarebbe? Chi frequenta Arcore? No, non ci stiamo più». Ma bisogna fare attenzione a non ragionare ancora con le vecchie distinzioni tra ex An e ex Forza Italia in contrasto fra loro. È acqua passata, categorie che non esistono più. «Oggi i più spaventati dalla possibilità che tornino vecchie logiche di corte sono proprio quelli che vengono da Forza Italia – ragiona un senatore – Perché loro conoscono bene come funziona quel mondo e hanno paura che si continui a ripetere quello schema, delle donne di Berlusconi catapultate nei posti di potere». Però la «pancia» del Pdl che mai come oggi è lontana, lontanissima dalla testa del partito è stanca anche di un appoggio senza se e senza ma a Mario Monti. Dobbiamo recuperare la capacità di discutere o ci uccidiamo da soli, spiegano, non è possibile accettare che se chiede qualcosa la sinistra viene ascoltata e se lo facciamo noi no. Insomma cambiamento. E va bene anche Alfano purché ci sia una svolta. «Angelino è un buon contenitore – è la battuta più acida - Però dobbiamo riempirlo di qualcosa».