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La tentazione di Maroni: niente Lega alle Politiche del 2013

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Romaneed interne. Roberto Maroni è tentato dall'idea di giocare il tutto per tutto per rilanciare la Lega Nord e ricompattare il movimento. Un'idea, più che un piano, di cui nel movimento si parla da tempo. Il crollo alle comunali, però, potrebbe aver anticipato i tempi. La «fase due», infatti, può passare attraverso la scelta drastica e sofferta di non presentarsi al Parlamento di Roma per concentrarsi sul Nord. In ogni caso, si tratta di una operazione che ovviamente deve prima ottenere il via libera del congresso. Matteo Salvini, maroniano di ferro, l'ha descritta come una ipotesi realistica. Nella notte di lunedì Maroni su Facebook sembrava accennarla. «Le sconfitte - aveva scritto - sono lezioni da imparare per correggere gli errori ed eliminare le zavorre». Ma quali zavorre? Forse, una interna riferita ai protagonisti degli scandali sui fondi di partito. Ed una esterna: il governo di Roma che per i leghisti impedisce al Nord di decollare. Ma l'ex ministro dovrà fare i conti con le divisioni interne. La contrapposizione con Umberto Bossi è evidente. Flavio Tosi mette apertamente in discussione l'ipotesi di creare la carica di "presidente onorario" per il Senatur. «Se fosse confermato che Bossi ha autorizzato personalmente le spese dei figli - dice - è difficile pensare che possa aspirare a fare il presidente o a qualsiasi ruolo all'interno del movimento». Le parole del sindaco di Verona determinano l'immediata reazione di alcuni senatori, non soltanto cerchisti. «Non è ammissibile che un qualunque esponente della Lega Nord si permetta di fare processi sommari al padre fondatore del nostro movimento», tuonano Luciano Cagnin, Roberto Castelli, Cesarino Monti, Giuseppe Leoni e Armando Valli. Lo scontro tra Tosi ed i senatori è segno di una forte contrapposizione. Rosi Mauro, seppur da ex, sintetizza le divisioni non risparmiando veleno agli ex compagni di Lega: «La Lega è spaccata e non si ricostituirà mai più. La nuova Lega non può essere formata da Maroni e Calderoli». Neanche il governatore veneto Luca Zaia nega divisioni: «Sono il primo a condividere una candidatura al congresso federale ma mi sembra che la spaccatura tra le due anime del partito sia troppo profonda per presentarsi uniti». Zaia va anche oltre, sottolineando che la partita del vicesegretario non è risolutiva «per la rappresentanza dei veneti nella Lega». Ci vuole «un segretario forte, e auspico che si tratti di Maroni e una segreteria politica forte». Intanto c'è chi nel partito inizia a pensare che proprio Zaia possa essere una figura di mediazione tra le fazioni ed a sorpresa ottenere il mandato per la segreteria. T. F.

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