Vertice Eurogruppo ad alta tensione. La Grecia adesso fa più paura

Da una parte i mercati che non scommettono sulla tenuta della Grecia nell'eurozona. Dall'altra il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, secondo il quale quest'ipotesi è un «non senso», «pura propaganda», e rilancia: «Non mi piace questo modo di trattare la Grecia con continue minacce. Faremo di tutto perché ciò non accada». Ieri, inoltre, mentre iniziava a circolare l'ipotesi di un governo tecnico come soluzione temporanea per arginare la crisi di Atene, Juncker, al termine del vertice dell'Eurogruppo ha detto: «È arrivato il momento di tornare a parlare di crescita». Ha espresso anzi la speranza di avere, sull'argomento, un «dibattito sostanziale». La prospettiva che il club dell'euro perda per strada uno dei suoi membri, insomma, non è più un tabù, ripetono dalla Germania. Quella di ieri è stata una riunione ad alta tensione, con i mercati in preda alla speculazione, i listini in caduta libera e gli spread tra i titoli del debito dei Paesi più a rischio, ovvero Spagna e Italia, schizzati al rialzo; in questo scenario da incubo le parole del ministro delle Finanze tedesco Schaueble come benzina sul fuoco: le elezioni in Grecia non hanno cambiato le basi dell'accordo. La Commissione Ue ha insistito anche ieri sulla sua posizione a sostegno della tenuta della Grecia nell'Euro, nonostante i mercati sembravano scommettere il contrario. Ma non c'è solo Atene. Sul tavolo dell'Eurogruppo e dell'Ecofin anche la situazione delle banche spagnole. Questi temi si innestano su un quadro politico in evoluzione. Le regionali tedesche, il voto francese, il pressing dei partiti in Italia, sono richiami alla Merkel ad allentare la linea del rigore. Oggi Monti incontrerà il presidente della Commissione europea Barroso per affrontare il problema della crescita e il neopresidente francese Hollande sarà a colloquio con la Merkel. Prima del vertice c'è stato un pranzo tra i presidenti di Ue, Commissione, Bce ed Eurogruppo (Van Rompuy, Barroso, Draghi e Juncker) e il commissario agli affari economici Rehn, da cui sarebbe emerso che l'avvenire della Grecia è nelle mani del Paese e che tocca ai greci fare la prima mossa, cioè formare un governo che confermi gli accordi alla base del prestito miliardario e li attui nei modi e nei tempi previsti. Il Cancelliere Merkel ha ribadito che per la Grecia «è meglio restare nell'Eurozona» e che la solidarietà della Germania e dell'Ue nei confronti del Paese cesserà «solo se Atene dirà che non intende rispettare gli impegni presi. Ma non arriveremo a questo» . Alcune indiscrezioni sostengono che potrebbero aprirsi margini per facilitare il percorso della Grecia verso il consolidamento di bilancio, ma si potrebbe trattare di dettagli, gli obiettivi macroeconomici negoziati con la troika non si cambiano. Ma questa disponibilità arriverebbe dopo che ad Atene si sarà formato un governo, non prima. Intanto si accavallano le differenti valutazioni tra i ministri finanziari su che cosa potrebbe accadere nel caso in cui la Grecia uscisse dall'Unione monetaria. Peraltro non ci sono regole, l'uscita non è prevista dal trattato Ue. Mentre il tedesco Schaueble ostenta sicurezza e ritiene che l'Unione monetaria è perfettamente in grado di sostenere l'addio della Grecia, il ministro belga Didier Reynders parla di «catastrofe» che esporrebbe l'Eurozona «al rischio del contagio» e lo spagnolo De Guindos teme per la Spagna. Raynders sostiene che per aiutare Atene bisogna procedere alla concessione di prestiti a lungo termine e a tassi ridotti, sull'esempio di quanto fatto dal Fmi con la Turchia. «Ci vorranno 15-20 anni prima che il Paese riesca a rimettere in piedi la sua economia. I programmi a due-tre anni non bastano». Anche per Raynders comunque «sta ai greci decidere del loro destino». Il ministro delle Finanze austriaco Maria Fekter, ha invece indicato un'altra soluzione: «non si può uscire dall'Euro, ma si può uscire dall'Unione» perdendo quindi non solo la moneta unica ma anche l'accesso a tutti i fondi strutturali Ue. «Dopo, la Grecia potrà chiedere di rientrare - ha aggiunto - però potrà farlo solo attraverso un nuovo nuovo negoziato d'adesione». Ma se la Grecia costituisce la minaccia più incombente, l'Eurogruppo ha dovuto fare i conti anche con la crisi spagnola e la necessità di trovare il modo di coniugare il rigore con stimoli alla crescita. È su questo fronte che in molti si attendono che Merkel, dopo la batosta elettorale, scenda a più miti consigli e apra a una interpretazione più flessibile delle regole sui conti pubblici. Molto significativa, su questo fronte, la dichiarazione del ministro delle Finanze spagnolo Luis de Guindos al suo arrivo a Bruxelles. «Abbiamo adottato tute le misure che dovevamo e ora serve cooperazione da parte dell'Eurozona e una risposta comune» per appoggiare il Paese. A Bruxelles sono arrivati anche gli echi delle preoccupazioni statunitensi sulle difficoltà dell'Eurozona: «serie minacce», scrive il Wall Street Journal.