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Camilla Conti In Spagna è corsa agli sportelli bancari di Bankia, l'istituto nazionalizzato dal governo la settimana scorsa.

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Chiè il prossimo ad essere nazionalizzato? In Italia un indiziato c'è già, dicono a mezza voce nelle sale operativepuntando il dito verso Siena. Che il Monte dei Paschi sia in difficoltà non è una notizia. Lo stesso arrivo alla presidenza di Alessandro Profumo è stato letto come una sorta di prodromo al commissariamento della banca più antica d'Italia rimasta incastrata in quel «groviglio armonioso» fra politica e finanza che sulla Rocca va avanti da secoli. A complicare il lavoro del tandem Profumo-Viola è poi arrivata la magistratura con il blitz della Guardia di Finanza, le perquisizioni in mezza Italia e quelle ombre gettate sull'acquisizione Antonveneta (pagata agli spagnoli del Santander 10,1 miliardi mentre ne valeva solo 2,3), nonchè sulla corretta comunicazione a Bankitalia delle manovre varate per finanziarla. Ma è sui fondamentali che si gioca il futuro del Monte alle prese con le richieste dell'Eba (l'autorità bancaria europea): mentre vanno trovati entro giugno 3,2 miliardi per rafforzare il patrimonio, sui conti trimestrali (tornati in utile per 54 milioni ma con un calo del 61,2% rispetto all'anno scorso) aleggiano oltre 15 miliardi di crediti deteriorati. Pur di non ricorrere a un nuovo aumento di capitale, dall'esito incerto considerando le condizioni del mercato, i nuovi vertici stanno studiando l'emissione di CoCo bond. Cosa sono? Si tratta di obbligazioni ibride, convertibili in azioni, che offrono alti rendimenti. La loro conversione in azioni scatta quando il Core Tier 1 scende sotto il 7%. Quindi, se il quadro patrimoniale peggiora il rischio dell'investimento in CoCo bond aumenta perché l'obbligazione si trasforma in un'azione della stessa banca che ha emesso il bond. In pratica, con i CoCo bond se la banca va bene gli investitori vengono ricompensati con alti rendimenti. Se la banca entra in stato di crisi viene ricapitalizzata in automatico dalle nuove azioni, natedalla conversione dei CoCo bond. Ecco perché questi strumenti piacevano tanto ad Axel Weber, l'ex presidente della Bundesbank, che li vedeva come un ottimo strumento per scongiurare il «too big to fail», il principio in base al quale le banche troppi grandi non potrebbero fallire perché creerebbero rischi sistemici. Secondo il «panzer» tedesco il problema sarebbe stato risolto proprio dai CoCo bond, che permettono di attuare un meccanismo di protezione tanto per gli istituti di credito (che si ricapitalizzano in automatico in caso di crisi), quanto per gli stati (che non sarebbero più costretti ad aiutare gli istituti in difficoltà sottraendo risorse al sistema). A scapito degli investitori istituzionali che però accettano il rischio più alto in cambio di un premio allettante sul rendimento. Il Monte sarebbe la prima banca italiana a farvi ricorso. L'ipotesi del CoCo bond è stata già bocciata dagli analisti. «È un progetto che stiamo studiando con un confronto con la Vigilanza», ha però sottolineato Viola. Questo ci riporta al punto di partenza, ovvero a chi sarà il prossimo istituto europeo ad essere nazionalizzato per evitarne il default. Che i bond ibridi del Monte siano l'extrema ratio in vista di un possibile fallimento dell'istituto senese e in alternativa all'intervento diretto dello Stato come è stato fatto per la spagnola Bankia? Del resto, l'ipotesi di una nazionalizzazione di Mps era già circolata a gennaio sulle pagine del Financial Times che citava le preoccupazioni delle authority europee spiegando che il Monte avrebbe potuto non essere capace di presentare piani credibili sul miglioramento del proprio capitale. Tanto da rendere quasi inevitabile una nazionalizzazione, almeno parziale. In Italia si era pensato a un possibile intervento della Cassa Depositi e Prestiti, che avrebbe potuto fornire fondi o direttamente alla banca o indirettamente, attraverso la Fondazione senese. Ecco perché, subito dopo l'ultimo intervento di Viola, una fonte del ministero del Tesoro interpellata dall'agenzia Reuters ha sottolineato che un'eventuale emissione di CoCo bond da parte di Mps non verrebbe sottoscritta dal Tesoro, né dalla sua controllata Cdp. Al contrario, sarebbe uno strumento alternativo all'aiuto dello Stato. Ergo, per evitare alla banca di essere nazionalizzata.

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