L'outing sui gay porta a Obama milioni di dollari
Com'era prevedibile, l'«outing» di Obama sui matrimoni omosessuali ha innescato una serie di reazioni in tutto il mondo. Il presidente degli Stati Uniti è tornato sull'argomento in occasione dell'evento organizzato a casa della star hollywoodiana George Clooney per raccogliere fondi per la campagna elettorale. «Tutti amano George. Io piaccio, lui è amato, adorato» ha scherzato il presidente davanti a una platea di 150 invitati in gran parte dello star system, da Barbra Streisand a Billy Cristal, da Salma Hayek a Robert Downey jr. Ma con gli applausi di Hollywood è arrivata anche la non trascurabile sommetta di 15 milioni di dollari, la più alta mai raccolta dal presidente in un singolo evento. Obama si è conquistato la scena (e i soldi) soprattutto grazie al tema delle nozze gay, dopo l'annuncio della sua posizione favorevole fatta durante una trasmissione televisiva. «Ritengo che sia un'estensione logica di quello che si suppone siano gli Stati Uniti. Siamo o non siamo il Paese che include tutti, che offre una possibilità a tutti e che tratta tutti in modo giusto? E non è questo che ci rende forti? Ritengo di sì. E ritengo che questo sia in gioco» nelle prossime elezioni. L'uscita di Obama ha dato fiato ai sostenitori della legalizzazione dei matrimoni gay. «Il numero di persone a favore delle unioni omosessuali è in costante crescita. Il punto è che il concetto di famiglia è cambiato nel corso degli anni e, in Italia, c'è una parte politica che dovrebbe essere coraggiosa come Obama, mentre lo è molto poco, a fronte di un'altra parte politica aggressiva e violenta, che rischia di alimentare l'omofobia» sostiene la parlamentare del Pd Paola Concia, l'unica apertamente omosessuale. Ma il punto non è l'omofobia. Come ogni atto di violenza, fisica o verbale, va condannata. E su questo non ci piove. Ogni persona può vivere la sua sessualità come vuole, non si tratta di dare un giudizio morale. Si può non essere d'accordo ma le persone, in quanto tali vanno rispettate. Cosa ben diversa è pretendere (con atteggiamenti e accuse che in molti casi non sono meno violenti, almeno sul piano dialettico, di quelli a cui fa riferimento l'on. Concia) il riconoscimento di diritti che spettano alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. E non si tratta di «oscurantismo medievale di stampo religioso». Ad esempio in Australia la premier Gillard, che si professa atea e non è sposata con il partner, ha ribadito la sua opposizione ai matrimoni gay. Il punto è che la cultura moderna riconosce solo lo Stato e gli individui, spazzando via tutte le forme di società intermedia. A questo punto è facile sostenere che esistono vari tipi di «famiglie», basta la semplice coabitazione di individui. E invece la famiglia è una realtà naturale imperniata su un rapporto «orizzontale», tra uomo e donna, e su uno «verticale», tra genitori e figli, che si basa sulla valorizzazione reciproca, anche se comporta sacrifici. Non si possono scambiare pulsioni sessuali, passioni e sentimenti con l'amore su cui si fonda una famiglia fatto di reciproca donazione. Ognuno è libero di fare quello che vuole tra le lenzuola. Ma i diritti non possono essere gli stessi, perché la famiglia resta una pietra angolare della società. Quanto all'adozione di figli da parte di coppie omosessuali, va ribadito il principio che il diritto del bambino è prevalente. Vale lo stesso criterio per cui non si danno in adozione bambini a coppie troppo giovani o troppo anziane: per i figli è indispensabile sia la figura paterna che quella materna. Del resto, studi internazionali dimostrano come una famiglia tradizionale «sana» sia un autentico capitale sociale in cui è più facile che si formano futuri cittadini e lavoratori retti e motivati.