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Squali e speculazione. Il disastro Lehman diventa un film

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AWall Street, all'interno di una grande banca d'investimenti (con ovvi riferimenti alla Lehman Brothers), nel 2008, alla vigilia della grande crisi, si lotta per la sopravvivenza contro dei cinici e corrotti dirigenti strapagati. Ma anche molto, troppo fragili, nel tentativo di salvare i loro soldi. Una storia agghiacciante e purtroppo estremamente realistica arriva nei cinema italiani dal 18 maggio (distribuita da 01) con «Margin Call» dell'esordiente J. C. Chandor. Il regista, figlio di un dirigente della Merrill Lynch, svela i dietro le quinte che portarono la banca d'investimenti a vendere in poche ore tutti i propri titoli tossici, dando il via ad una spirale che ancora oggi ha conseguenze disastrose. Il panico inizia quando un brillante analista scopre che l'istituto, a causa dell'eccessiva esposizione sui pacchetti di titoli "tossici" basati sui mutui, è vicino al tracollo. Scatta la corsa contro il tempo per salvare la banca anche a costo di buttare sul mercato agli ignari compratori i titoli spazzatura. Il film (indipendente e candidato all'Oscar per la sceneggiatura originale) è costato poco più di 3 milioni di dollari ma ne ha già incassati più di 13, anche grazie al superbo cast che il regista è riuscito a mettere insieme: da Kevin Spacey a Jeremy Irons, fino a Stanley Tucci, Paul Bettany, Zachary Quinto e Demi Moore. Alla proiezione stampa capitolina è seguito un confronto tra studenti della Luiss ed economisti per discutere sulle dinamiche che hanno portato alla grande crisi. Per il professor Pietro Reichlin, prorettore alla Ricerca della Luiss, «si tratta di un film sugli apprendisti stegoni che, dopo aver realizzato per anni innovazioni finanziarie rischiose, non sono stati in grado di calcolare le conseguenze delle loro azioni. Ma allo stesso tempo, il film non mostra l'altra componente dell'inizio della crisi finanziaria, caratterizzata dal panico, dal contagio, che ha poi coinvolto tutti, anche le banche sane». Per il giornalista Maury Longo del Sole 24 ore «la finanza è fuori dal concetto di moralità. Tra il 2000 e il 2011, i debiti pubblici degli Stati sono raddoppiati. Ora i nodi sono venuti al pettine e c'è uno scollamento tra finanza ed economia reale». Per Emilio Barone, docente di Economia del mercato mobiliare, «uscire dalla paralisi è difficile, c'è una crisi di fiducia e non si crede che le promesse verranno mantenute. La crisi è stata creata dalle persone a capo della finanza mondiale che nel 2008 non hanno saputo prendere le decisioni giuste».

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