Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Bersani va all'incasso: "Ora Monti ci ascolti"

Pier Luigi Bersani

  • a
  • a
  • a

Una riunione lampo, giusto per ribadire qualche concetto chiave e lanciarsi, compatti, nella battaglia dei ballottaggi. I big del Pd si ritrovano dopo le amministrative ma stavolta le lotte intestine e i regolamenti di conti restano fuori dalla porta. Il partito è unito e, come tale, vuole presentarsi al secondo turno delle comunali. C'è tempo per discutere. Ma dopo il 21 maggio. Ora è il momento di godersi il risultato ottenuto. Infatti, nonostante i dati dell'Istituto Cattaneo evidenzino una perdita di 91.000 voti rispetto alle Regionali del 2010, è chiaro che i Democratici hanno evitato lo tsunami che ha colpito il Pdl. Il partito ha tenuto, ma occorre ancora uno sforzo. Ora bisogna conquistare una parte consistente dei comuni in cui il centrosinistra, nelle sue varie articolazioni, è in vantaggio. Anche per questo Pier Luigi Bersani, aprendo la riunione, suona la carica: «Ora vinciamo nei comuni e poi in Italia». E per cercare di recuperare qualche consenso tra i delusi che hanno optato per l'astensione o si sono rifugiati nel voto di protesta che ha sicuramente premiato il Movimento 5 Stelle, lancia avvertimenti al governo chiedendo l'introduzione della patrimoniale per alleggerire il peso dell'Imu. Segno che a via del Nazareno al momento trionfa l'ottimismo. Con il Pdl in forte difficoltà e con un Nord che non è più terreno incontrastato dello strapotere leghista, il Pd ha infatti l'occasione di accrescere il proprio peso specifico. Anche per questo Bersani invita i suoi a concentrare gli sforzi maggiori per chiudere a proprio favore le partite di Genova, Alessandria, Como e Asti. Ma i veri obiettivi sono altri. Da una lato la necessità di presentarsi alle Politiche 2013 come «il perno al servizio della riscossa del Paese». Cioè come il partito che guida la coalizione di governo e non subisce i diktat degli alleati. Dall'altro di prendere subito in mano la golden share del governo Monti. Così Bersani si rivolge al governo dei tecnici cui torna a chiedere attenzione verso le richieste dei Democratici: «Serve un po' di positività, da troppi mesi non c'è qualcosa di positivo per l'Italia». Nessuna minaccia a Monti cui il segretario Pd garantisce lealtà, ma un tentativo di spostare un po' a sinistra le politiche dell'esecutivo magari pensando a project bond, alla tassa sulle transazioni finanziarie e ad intervenire subito «con i pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese». Fin qui la parte "costruttiva". Ma a nessuno sfugge che, presto, il leader democratico dovrà sciogliere alcuni dei nodi emersi in queste elezioni. Il primo riguarda il ballottaggio di Palermo dove Anna Finocchiaro ha lanciato l'ipotesi di mollare il candidato Pd Fabrizio Ferrandelli per sostenere Leoluca Orlando. Sarebbe una scelta incomprensibile visto che Ferrandelli è, pur non appoggiato dai vertici romani, colui che ha vinto le primarie. Difficile quindi che si decida di scaricarlo. Poi, si dovranno affrontare questioni ben più spinose. La prima è quella della riforma della legge elettorale. A via del Nazareno c'è la convinzione che presto il Pdl farà saltare qualsiasi possibilità di intesa. Così non fosse, bisognerà tornare al lavoro. L'ipotesi di un ritorno al proporzionale è stata cancellata dal risultato dalle amministrative che hanno evidenziato il rischio di piombare in una situazione simile a quella della Grecia. Con una frammentazione eccessiva e il rischio ingovernabilità. Qual è l'alternativa? Per il Pd si potrebbe lavorare sul doppio turno alla francese che, però, richiederebbe modifiche costituzionali. Soluzione, quindi, impossibile da praticare. Da non sottovalutare, poi, le pressioni di Sel e Idv che ora temono che Democratici e Pdl si accordino per una legge a loro misura che tagli le estreme. Nel frattempo gli alleati del Pd tornano in pressing anche sulle alleanze. Ma Bersani avverte: «Siamo il pilastro di future alleanze per guidare il paese». Tradotto: decidiamo noi con chi andare.

Dai blog