Monti: «Porterò a termine il mandato»
Letensioni con il Pdl restano ma il premier Monti ribadisce il suo impegno per arrivare fino al 2013. Nel giorno in cui i ministri Passera e Fornero lanciano l'allarme sulla «tenuta del paese» e su alcune riforme definite «troppo dure», il Professore mostra il suo riconoscimento a Giorgio Napolitano nel sesto anniversario della sua elezione al Quirinale e assicura che porterà a termine il compito che gli è stato affidato. «Per il governo, e per me personalmente - scrive Monti in una lettera al Capo dello Stato - Lei rappresenta un punto di riferimento sicuro, una fonte di ispirazione che ci permette di impegnarci con determinazione nella realizzazione del mandato che Lei ci ha affidato». Ovviamente Monti non nega i problemi che l'Italia deve ancora risolvere. «Il Paese sta attraversando una fase difficile della sua storia - riconosce il premier - ma, come Lei ama dire, l'Italia ce la farà perché è proprio nei momenti di difficoltà che emerge lo spirito di una nazione forte e capace di guardare lontano». Eppure le fibrillazioni nella maggioranza restano piuttosto forti. Il clima è infuocato nel Pdl, dove tanti vorrebbero una fine anticipata della legislatura. L'ultimo baluardo è la riforma della pubblica amministrazione dell'ex ministro Brunetta. Il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, dà la linea: «Ci auguriamo che il governo tenga conto non solo di quello che dice il Pdl, ma anche di ciò che scrivono sul Corsera oggi Alesina e Ichino a proposito di una ipotesi di controriforma della pubblica amministrazione sottesa all'accordo governo-sindacati in materia. Ci auguriamo che questo progetto non vada avanti». Usa altre parole il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi: «Leali a Monti sì, ma senza essere i "tappetini" del governo». Lupi ha spiegato che lui e il suo partito intendono dire «quello che pensiamo, dando un contributo positivo, con Monti che fa, da tecnico, una sintesi». «Io credo che il governo debba durare fino al giorno dopo l'approvazione della nuova legge elettorale», ha detto invece Guido Crosetto. Fa il pompiere il vicecapogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello: «Se iniziative improvvide portassero l'Italia sull'orlo del baratro, quel beneficio che sicuramente si otterrebbe in termini di consenso verrebbe presto smarrito. Siamo una forza che vuol governare il Paese - ha proseguito - Monti non è stato causato dal Pdl ma da 2.000 miliardi di debito accumulato a partire dagli anni Settanta». Quanto al Pd, guarda al dibattito interno al Pdl non senza timori. «È una riflessione che stanno facendo loro. Io mi auguro che i loro problemi non si scarichino sull'Italia», spiega Pier Luigi Bersani che però, alla domanda se preveda elezioni a ottobre, risponde secco: «No». Ma anche il segretario del Pd è tornato a rivendicare il diritto di incalzare l'esecutivo. «Certamente noi siamo leali verso il governo, chiediamo che ci si ascolti», ha ribadito. Non prevede scossoni il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini. «Sono convinto che ci sono forze responsabili all'interno del Pdl che non sono assolutamente intenzionate a portare l'Italia sul baratro o sull'orlo di un'avventura molto brutta», ha spiegato. Mentre per l'ex premier Berlusconi «l'Italia è un Paese ingovernabile». Lo scrive il Cavaliere in una lettera pubblicata sul sito web ragionpolitica.it in occasione del terzo anniversario della scomparsa di don Gianni Baget Bozzo. Poi, nel corso dell'intervento alla cerimonia del premio Guido Carli, il Cav spiega che senza le riforme «bisogna trovare l'accordo con i piccoli partiti, come il 5% di Grillo, il 6% di Vendola, il 7% di Di Pietro, il 7% di Casini, il 2% di Fli e il 9% della Lega, che agiscono non per l'interesse comune ma guardando spesso al proprio interesse particolare». Dunque, insiste, bisogna varare le riforme per assicurare un iter legislativo più spedito. Il consiglio di non staccare la spina al governo guidato da Monti arriva anche dal direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara, che sul suo giornale lancia un grido di battaglia per il Pdl che è anche un monito. L'idea di Ferrara è che Berlusconi «proponga e imponga» un «Tutti per l'Italia» che, nella continuità tecnica e politica, unisca il centro con la destra e metta in difficoltà l'alleanza di Vasto del centrosinistra. Il direttore parte dai ragionamenti dei «falchi» del Pdl e dei «tenori» della destra (come Feltri) che vorrebbero che Berlusconi rompesse con Monti. Ragioni e ragionamenti che Ferrara dice di condividere (e non da oggi) ma che si scontrano con la praticabilità della scelta di dire «no» al governo dei tecnici.