Rimborsi a metà. Ma solo dal 2013
Sarà un caso ma il testo che riduce i rimborsi elettorali e prevede più controlli per i bilanci e sanzioni nel caso di irregolarità è stato presentato ieri dai relatori Gianclaudio Bressa (Pd) e Giuseppe Calderisi (Pdl). Chissà che la pressione delle ultime settimane, la crociata dei grillini contro i privilegi dei politici e la propaganda elettorale non abbiano spinto Pd e Pdl a trovare la quadra. Anche se il compromesso è piuttosto al ribasso. L'ultima tranche di rimborsi, che i movimenti incasseranno a luglio, sarà ridotta del 33 per cento. Al di sotto delle previsioni, visto che prima il segretario politico del Pdl, Angelino Alfano, poi quello del Pd, Pier Luigi Bersani, avevano assicurato decisioni più rigide. Il primo aveva garantito che i pidiellini avrebbero rinunciato a tutti i rimborsi, il secondo che i Democratici avrebbero proposto il dimezzamento della cifra. Anche perché non si tratta semplicemente di rimborsi. Dal 1994 i partiti hanno avuto 2,2 miliardi di euro, a fronte di spese elettorali dichiarate pari a poco più di 570 milioni di euro. Cioè: soltanto un quarto dei soldi effettivamente incassati dai movimenti è stato utilizzato per coprire le spese. Più che un «rimborso», dunque, si tratta di un finanziamento pubblico mascherato. Alla faccia del referendum del 1993 che ha cancellato, con oltre il 90 per cento dei consensi, la norma. Il caso è scoppiato nelle settimane scorse. Prima la vicenda del tesoriere della Margherita Luigi Lusi, accusato di aver fatto sparire una ventina di milioni di euro che il partito guidato da Francesco Rutelli aveva risparmiato negli ultimi anni. Poi è stata la volta di Francesco Belsito, il cassiere della Lega Nord. Ha investito in oro e diamanti e avrebbe pagato le spese personali della famiglia Bossi e le lauree del Trota e del capo della sicurezza della vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Tutto con i soldi della Lega. A quel punto i partiti sono corsi ai ripari. Dopo un paio di rinvii sono arrivati a una proposta condivisa: meno soldi e più controlli. Dal 2013 si fissa un tetto ai rimborsi: i partiti non potranno avere più di 91 milioni l'anno. Ora sono 182. Di questi 91, il 70% (63.700.000 euro), è corrisposto come rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e contributo per l'attività politica. Il restante 30% (27.300.000 euro) è erogato a titolo di «cofinanziamento», cioè come una sorta di contributo annuo per finanziare l'attività politica: 50 centesimi per ogni euro raccolto. E dipendente da due variabili: oltre che da quanto si è stati in grado di raccogliere in termini di erogazioni liberali anche da quanti voti si è preso alle ultime elezioni. Tuttavia per ricevere i rimborsi, i partiti dovranno avere almeno un candidato eletto. Per quanto riguarda il Senato, il fondo sarà ripartito su base regionale e sarà suddiviso tra le regioni in proporzione alla loro popolazione. La quota che spetta a ciascuna regione verrà divisa in proporzione ai voti ottenuti in ambito regionale. Se una persona fisica o un ente darà soldi al partito di riferimento avrà diritto a una detrazione fiscale del 38% (ora è del 19%). Ma la sua «elargizione» non potrà superare i 10.000 euro; dovrà essere fatta con versamento bancario o postale e potrà essere valida solo in caso di elezione di almeno un candidato. I controlli. I partiti dovranno avvalersi di una società di revisione iscritta all'albo Consob. Per non più di tre volte, rinnovabili di altri tre. Compito principale: controllare la tenuta della contabilità e il bilancio. Composta non più dai tre presidenti delle alte magistrature (come previsto nella prima versione del testo), ma da 5 magistrati: tre della Corte dei conti, uno della Cassazione e uno del Consiglio di Stato, la Commissione, con sede a Montecitorio, dovrà indicare l'entità del contributo per ogni partito; controllarne i conti; fare una relazione annuale; applicare sanzioni in caso di irregolarità (si potrà prevedere anche la decurtazione dell'intero rimborso nel caso in cui non si ottemperi, ad esempio, all'obbligo di ricorrere a una società di revisione). Il coordinatore sarà nominato dai presidenti delle Camere. Il mandato dei componenti è di 4 anni, rinnovabile una sola volta. Non avranno compensi. Infine, i bilanci dei partiti dovranno essere pubblicati, entro il 15 luglio di ogni anno, sul sito della Camera. Saranno rese note anche donazioni sopra i 5.000 euro e i soldi derivanti da risorse pubbliche si potranno investire solo in titoli di Stato.